J. Edgar, un film un… non c’era motivo

Qualche giorno fa ho avuto la brillante idea di buttare dei soldi per andare a vedere il nuovo film di Clint Eastwood, “J. Edgar”.
Come accade troppo spesso in quest’epoca che sforna miti e personaggi da standing ovation con una facilità agghiacciante, anche questa volta, si tratta di un evento sopravvalutato dal pubblico in attesa. La critica americana l’ha demolito in più di una recensione e io concordo in pieno con ciò che ho letto nell’articolo di Andrew O’Hehir scritto per Salon.
Per chi non lo sapesse, il film parla di John Edgar Hoover,  il primo direttore dell’FBI. Rimasto in carica per quarantotto anni, sotto otto presidenti, ebbe il merito di aver reso il Federal Bureau of Investigation uno strumento molto efficiente, creando un archivio di impronte digitali e laboratori scientifici per l’analisi degli indizi. Si scatenò contro i dissidenti comunisti, combatté i gangster e, grazie ai suoi numerosi informatori, entrò in possesso di dati personali di numerosi personaggio pubblici, compresi i presidenti e le rispettive mogli (come nel caso Roosevelt). I suoi metodi erano certamente violenti e, tra le altre cose, rimane il sospetto che ci sia il suo zampino nell’assassinio di Martin Luther King.

Insomma, la tipica testa di cazzo megalomane americana.
Nel suo film pacco, il monoespressivo Clint ci restituisce immagini, ma poco contenuto. “Risulta essere una delle peggiori idee che qualcuno abbia mai avuto, un mendace, confuso, sotto-mediocre pasticcio che trasforma alcuni degli episodi più esplosivi del 20° secolo in un cattivo melodramma nazionale e si rifiuta di prendere una qualsiasi posizione chiara su uno dei figure più controverse della storia americana”, scrive O’Hehir.
Viene dato poco rilievo alle vicende che caratterizzarono quel mezzo secolo, una scarna galleria di personaggi storici viene presentata allo spettatore, ma senza soffermarsi più di tanto sul perché fossero coinvolti nella storia di Hoover. Tra l’altro , non vengono menzionati il COINTELPRO, il periodo della “seconda Paura Rossa” sotto McCarthy, tutti gli scandali (omicidi compresi) dei Kennedy, ma, in compenso, ci si preoccupa di farci sapere della conoscenza tra J. Edgar e quell’insopportabile, malefica e riccioluta bambina-mostro di Shirley Temple.
Tuttavia, non credo che lo spettatore medio abbia risentito dell’assenza di queste fondamentali informazioni sulla vita di Hoover, considerato che molti non sapevano nemmeno della sua esistenza. In effetti, penso che, essendo la candidatura all’Oscar l’obiettivo di Eastwood, nella sua mente (evidentemente ancora ricolma di polvere ereditata dai suoi famosi western) dare al film un’impronta più romanzata, fastidiosamente melodrammatica, con pochi riferimenti agli aspetti più odiosi del protagonista (il suo razzismo esasperato, ad esempio), gli sarà apparsa come un’idea geniale. Lo giustificherei solo in quel caso.
Sin dall’inizio, quello che si presenta davanti agli occhi è un ragazzo sociopatico, bugiardo, fascista e  patologicamente legato alla madre che lo influenza, lo condiziona ed è pronta a ricordargli, quando Edgar le confessa di non voler “danzare” con le donne,  di come lei avrebbe preferito un figlio morto piuttosto che sodomita. Un giovane ventiquattrenne con un grande incarico sulle spalle che si ritrova davanti allo specchio della camera da letto a fare esercizi contro la balbuzie, come se fosse un bambino di otto anni.
Ciò che ha dato molto fastidio è stato il calcare la mano sulla relazione tra Hoover e Clyde Tolson, con tanto di momenti di gelosia isterica. Come se fosse l’unico aspetto biografico su cui fosse realmente necessario soffermarsi, magari per accaparrarsi il pubblico gay. La sua omosessualità era nota, ma non era ufficialmente dichiarata. La storia da scapoli-conviventi è plausibile certo, ma bastava accennarla e dare maggiore spazio ad altro. Non ho pagato per andare a vedere un film tratto da un Harmony.
“J. Edgar” goes from being just a minor melodrama about a conflicted and closeted gay man to being simultaneously stupid, offensive and random. Pienamente d’accordo.
Qualche parola bisogna spenderla sul trucco usato per invecchiare i personaggi. Quello di Di Caprio risulta abbastanza credibile. Essendo il protagonista i bravissimi truccatori si sono dedicati a lui anima e corpo. Lo stesso non si può dire per il terribile risultato al silicone dell’attore che interpreta Clyde Tolson. Davvero finto e scadente quanto quello di Francesco Mandelli ne “I soliti idioti”.

Giudicate voi. Vi assicuro che rimarrete delusi, soprattutto perché un attore bravo come Leonardo di Caprio avrebbe potuto diventare un possibile candidato all’Oscar se solo avesse recitato su un copione meno stucchevole, stupido e noioso.

Si corre davvero il pericolo che Il film possa lasciare gli spettatori più giovani con l’impressione che J. Edgar Hoover è passato alla storia perché non era abbastanza gay per avere un senso decente della moda.

3 thoughts on “J. Edgar, un film un… non c’era motivo

  1. Io ero tentato… finora Eastwood mi ha deluso solo una volta con quell’insulso film sul footbal in sudafrica… ma a questo punto aspetto che si trovi in dv*

  2. L’ho visto e non mi sembra così schifoso come lo hai descritto.
    Forse avresti voluto che ci fosse un attacco ancora più diretto al protagonista che tanto odi(“Insomma, la tipica testa di cazzo megalomane americana”) ma non era questo lo scopo di Eastwood, almeno secondo me. Magari avrebbe dovuto fare un film di 2 ore dove faceva vedere solo la sua lotta spietata contro i comunisti o contro i neri o chiunque altro. Magari avrebbe dovuto raccontare tutti gli scandali e invece ha voluto raccontare qualcos’altro che pochi conoscevano dando comunque importanza ai maggiori scandali(vedi la “quasi” totale attribuzione dell’omicidio di Martin Luther King) ma meno rispetto a quanto qualcuno, come te, avrebbe voluto. Penso che il sottolineare la sua relazione omosessuale abbia rivelato un lato diverso di J. Edgar e che tu, che volevi assolutamente un attacco a Hoover, sei rimasta sorpresa. Ma immagino che tu avresti preferito andare al cinema a sapere di fatti che tu conosci già benissimo, giusto?
    E’ stato molto interessante vedere la differenza tra il J. Edgar privato e pubblico e penso che era su questo punto che Eastwood volesse far riflettere.
    Mi è piaciuto molto, ma non sono gay.

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