Ed eccoci nel vivo: l’impresa della prima nascita, non senza qualche difficoltà, è riuscita.
Purtroppo, Noah è stato subito ricoverato in neonatologia e noi ci siamo ennesimamente ritrovati NON con lui subito in braccio, ma con lui subito nel braccio del fantastico mondo della sanità, ove “sanità” oggi significa “sanitarizzazione” ad ampio spettro con assenza di umanizzazione delle cure, delle comunicazioni e di pensiero sul paziente.
L’immersione in questo mondo si è fatta sentire da sempre nella mia vita (e Abattoir ne contiene diverse testimonianze), ma quando la faccenda riguarda un micro-esserino inerme frutto dei tuoi dolori, del tuo desiderio amoroso e del tuo costato le cose iniziano a pesare e puzzare un po’ di più.
Potrei dirvi di quanto fa la differenza restare umani e/è competenti, giacché il mio Dies Irae deriva proprio dal conoscere personalmente questa dimensione (sia per come io come curante, sia per la qualità – a mio avviso elevatissima – delle cure dispensate da quei pochi curanti con queste 2 caratteristiche che mi hanno in carico). Non farò però una leziosa lezioncina su questo tipo di scontato paragone. Vi narrerò semmai de “l’Aggiunta”.
“Cosa esser ciò?”, direbbe il Brucaliffo.
Ebbene, sembra una roba innocciente. Sembra anzi una parola che rimanda a quel pizzico di sale in più sulla cotoletta, a quel “poco di zucchero” con cui la pillola di Mary Poppins va giù, a quel peperoncino estero che, se sei un appassionato, sta a crudo quasi su tutto, a quel filo d’olio sulla pasta & legumi che dà quel tocco in più. …E in effetti proprio di tocco in più si tratta: “l’aggiunta” non è altro che l’introduzione di latte artificiale – molto evocativamente definito “formula” – entro un allattamento al seno, motivata dalle questioni più disparate.
Nel nostro caso, Noah – nato a 37 settimane+5 e ricoverato per 6 giorni dentro una culletta termica – tendeva a dormire molto non appena arrivato a casa, saltando anche i pasti per la sua letargia (dormiva dalla bella, e con soddisfazione!); aveva così preso dopo qualche giorno solo 40 grammi.
Le funzioni biologiche del bambino erano anomale? Il problema era l’incompetenza dei genitori a svegliarlo? Non lo sapevamo nutrire? Tutte obiezioni che ci sono state poste più o MENO delicatamente.
Abbiamo (di)mostrato a parenti increduli che il nostro piccolo desiderava dormire non perché fosse inappetente, dato che, seguendo i suoi ritmi di risveglio, si nutriva a sazietà, seppur sempre secondo i suoi tempi e stomaci (lo stomaco di un neonato è grande quanto una oliva e poi si evolve diventando quanto una ciliegia, per dire…). Ho anche con umiltà raccolto il mio latte per quantificarlo ed esser certa che i rivoli che mi cadevano nella nudità e che scendevano sul mio piccolo prima durante e dopo l’allattamento non fossero casuali e sporadici. Ho ascoltato commentare come fosse ovvio che il mio pulcino – nato ai limiti della prematurità – avesse ancora bisognoso di lunghe sessioni di sonno et similia. Eppure poi ho ascoltato gli stessi medici dirmi quanto fosse necessaria “l’aggiunta”.
Nell’ottica del ”ascoltiamo i dottori” e del ”io non sono medico”, ho accolto tutto senza pregiudizi per il bene del mio Pupi. E questo anche quando, ad un controllo parallelo, mi si faceva notare che la pediatra aveva omesso di indicarmi le giuste dosi per la sua età e di spiegarmi i ritmi di allattamento, motivo per cui noi davamo al biberon una dose inferiore rispetto a quella necessaria per età!
Eppure non ho messo in discussione il parere medico: “il piccolo cresce poco”. Grazie al cà, ma comunque errare humanum est, il medico è lei e a doverosa comunicazione di questa omissione, comunque, mi veniva detto: “l’aggiunta comunque è necessaria, e lo svegli”. Colpa nostra, insomma! Affamiamo Pupi! Giammai!!! Genitori operativi e amorevoli, insicuri e ignoranti, accattano così il loro primo latte in formula. …E questo primo latte picciuli iccati perché Pupi lo sputava tutto. Il secondo latte peggio: gradiva di più, ma, a dose completa, vomito a getto.
Chiaramente, per la medicina il problema viene dal corpo di Pupi, che ha il reflusso, ma “l’aggiunta va data comunque”, ripetono i medici; soluzione: “prendete latte anti-reflusso e gocce ad hoc in farmacia”. Medicalizzazione, insomma, fin dal 16esimo giorno di vita e per rientrare entro certi range… Noi continuiamo per amor di Pupi, nel dubbio che il range non sia una questione eteronormativa di principio, ma indice di salute… Eppure, iniziamo ad avere dubbi, anche perché, dopo una settimana a casa con lui, iniziamo a conoscerlo, iniziamo a vedere i cambiamenti di nostro figlio: mette peso e ora è abbracciato, stimolato e coccolato dorme di meno… L’ambiente influenza, lo sappiamo, e intanto noi e lui ci sintonizziamo poeticamente e iniziamo a crescere insieme. In fondo cosa è il “peso” di una persona o personcina? L’esperienza forma pian piano, fa crescere, anche noi genitori… Ci diamo sempre più peso, questo allattamento complementare non ci convince… Ma mai si dica che noi siamo arroganti, così coltiviamo dubbi timidi, cerchiamo dialoghi, confronti, il senso… Ma anche qui sbagliamo, poiché temporeggiamo una chiara presa di posizione fino all’arrivo del rigurgito dal naso e dell’assenza di respiro. Al pronto soccorso, dove corriamo perdendo anni di vita, ci dicono “sovra-alimentazione”. Per il resto il bambino sta bene. E allora i conti non tornano.
Capisco ancora una volta (ma a spese nostre e di mio figlio) che la gentilezza, l’educazione e lo stare al proprio posto non pagano. Non cambierò di subito pediatra per principio, non diventerò controdipendente e incazzata, non domani. Però è certo ed è chiaro che al pronto soccorso c’è finito il mio piccolo dopo minuti di quasi soffocamento, e questo per essere stato riempito in eccesso di latte artificiale come fosse una zampogna che deve avere certe misure per essere considerata “normale”, standard.
Ed io, dopo questo, non posso fare a meno di chiedermi (paranoica? Malpensante?) fino a che punto arrivino le mode, gli informatori “scientifici” (= farmaceutici che, pur di vendere, regalano viaggi e convegni-vacanza a Ibiza ai “dottori”), l’ignoranza, la medicina difensiva o lobbistica o farmacoterapeutica e il senso dell’ambivalenza del “è bellissimo il latte materno, la migliore cura che ci sia, ma l’aggiunta va sempre data”. E fino a che punto conoscenza e competenza siano oggi sostituite da robe orrido-fuffose.
Penso inoltre a Preciado quando in “Testo tossico” parla delle transizioni di genere o degli anticoncezionali come nuovi strumenti commerciali, e nella fattispecie penso a quando spiega come la politica (finanz-capitalistica) si faccia oggi sul livello bio, del corpo, e sia tutta una manipolazione bio-psico-economico-sociale che ci pervade fin nelle carni.
Beh, lancio qui qualche domanda:
Abbiamo iniziato considerare normali queste faccende?
Abbiamo smesso di tremare su esse?
Addirittura forse di pensarle?