Non c’è rivoluzione senza disagio

Lontani ormai i giorni di disagio creati dai movimenti nati in Sicilia, Movimento dei forconi e Forza d’urto, è importante riflettere tenendosi a distanza e a mente fredda degli eventi.
Aldilà di chi stia realmente dietro a questi movimenti, essi non hanno nulla di differente dalla gran parte dei movimenti, sono mossi dal disagio e dalle criticità della loro categoria.
Pensiamo agli studenti quando scendono in piazza bloccando le strade o agli operai che bloccano i treni, lo fanno per manifestare una situazione che secondo loro no va bene. Sono necessarie queste azioni? Quanto devono durare?

Secondo i marxisti, la molla che spinge gli uomini a compiere la storia è essenzialmente materiale, in particolare, essenzialmente economica. La rivoluzione sarà possibile quando tutto il proletariato sarà cosciente della propria condizione di subalternità, quando le condizioni materiali lo spingeranno a creare le ideologie che dettano il fine delle loro azioni. Marx dice che si prende coscienza dentro le ideologie e che le ideologie sono sovrastrutture costruite per riscattarsi da condizioni materiali.

Quando una parte della società si trova in condizioni di criticità sente la necessità di liberarsi da queste condizioni e ciò avviene normalmente in due modi: riscatto diretto o ricerca di solidarietà per ingrandire il movimento. Il primo sfocia in terrorismo populista, si crede che la propria battaglia sia così giusta che sia universalmente accettata e giustificata, come nel caso delle Brigate Rosse che hanno agito in pochi per il bene di tutti, scegliendo vie rapide e dirette per il sovvertimento del sistema.
Il secondo, invece, è quello più comune e che nella storia si è rivelato il più sensato. Manifestare il proprio disagio permette di renderlo, appunto, manifesto, chiaro anche a chi non lo vive e raccogliere con facilità la solidarietà. Ma spesso la solidarietà non basta e le forme di manifestare i propri problemi si complicano o in reiterazioni delle manifestazioni che non concludono molto se non formale e vuota solidarietà o in manifestazioni di protesta in cui si cerca di provocare disagio.
In realtà, il disagio provocato non è altro che un’estensione del proprio disagio e il successo sta proprio che far concepire che il disagio provocato non è un disagio creato ad hoc per creare scompiglio, ma è una trasmissione del proprio disagio.
Queste riflessioni nascono proprio durante una manifestazione in bicicletta in cui si rallentavano le auto facendo massa critica e lasciandole dietro. Al semaforo era nostra abitudine dare agli automobilisti dei bigliettini che spiegassero cosa stesse succedendo, cercavamo il dialogo e spesso abbiamo ottenuto buoni risultati. Il disagio causato per 5 minuti a un automobilista era l’estensione del disagio che prova un ciclista nell’andare a lavorare ogni santo giorno.
Se non c’è comunicazione, ovvero comunione delle criticità, si finisce per non essere compresi e l’azione di protesta torna indietro come un boomerang e anche chi prima appoggiava con la sua formale solidarietà la ritira non comprendendo l’asprezza del disagio.
Durante le manifestazioni dei forconi, abbiamo visto persone ben organizzate con bandiere e pagine facebook con migliaia di utenti prima che i giornali ne parlassero, peccato che non avevano nemmeno un comunicato stampa, chiaro segno che in questo caso non ci fosse reale intenzione di creare un movimento popolare. Loro si dichiaravano il “popolo siciliano”, proprio come le BR si elevavano a “Tribunale del Popolo”.

È fondamentale che il disagio venga trasmesso materialmente affinché l’adesione di solidarietà non sia soltanto ideale e formale ma concreto e reale. Credo che bloccare realmente la benzina (e non come avvenne questa volta che la benzina circolava tra le pompe) e i trasporti possa spiazzare le persone e portarle ad ascoltare le ragioni della protesta e decidere se aderire o meno.
È fondamentale, altresì, accettare che la propria protesta non venga condivisa né nella forma né nel contenuto.
Le criticità devono essere condivise per ottenere successi e per condividerle è necessario comunicare, spiegare, informare, descrivere il proprio disagio e le possibili cause di esso.

One thought on “Non c’è rivoluzione senza disagio

  1. “Se non c’è comunicazione, ovvero comunione delle criticità, si finisce per non essere compresi e l’azione di protesta torna indietro come un boomerang” assolutamente vero. Ci vuole condivisione e comunicazione…

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.