Ci hanno preso tutto! Dai supermercati alla tavola

Volete mettere una torta fatta in casa, dalle vostre mani, con quella impacchettata dalle marche famose che campeggiano sui banchi del supermercato? Nel primo caso, imparerete a fare un dolce, saprete, dopo qualche prova non riuscita, che ad esempio aggiungere dell’olio aiuta la pasta ad essere più morbida e soffice.

Volete confrontare una vostra creazione culinaria improvvisata ma riuscita benissimo, rispetto ad “un quattro salti in padella” pronto in tre minuti? Sì, leggete gli ingredienti, comprensibili per pochi. Felicità dell’ignoranza, giubilo: meglio non sapere cosa ci mettono lì dentro, meglio non pensare a cosa si sta ingurgitando e a che problemi ti porterà. Sembra che siamo passati da una sfiducia nei confronti di ciò che non conoscevamo al prendere tutto e mettere nel carrello, basta che sia conveniente. Oggi leggiamo più le offerte che ci arrivano per posta che i quotidiani. Ci sono quei volantini che ti tolgono direttamente dall’imbarazzo e ti fanno un esempio di spesa, sui venti euro, che potresti fare. Fortunatamente, non combacia con i miei gusti. Maledetti, ci volete comodisti fino al midollo.

Ieri ho mangiato dei tortellini. Si, quelli secchi. Facevano talmente schifo che ho pensato ripetutamente che fossero ripieni di topo o chissà di quale altra roba. Il fatto è che se hai fretta, fame cieca, sei stanco, è normale che scegli di farti un bel piatto di cibo veloce: tortellini e sugo pronto. In alcuni casi ti fregano doppiamente, il prodotto era scaduto (preferibilmente) ed aveva bisogno di 16 minuti di cottura (alla faccia della velocità); facevo prima a fare una sosta in qualsiasi panificio.

La prossima volta ci penserò due volte prima di farmi venire la mega voglia di tortellini, perché il signor Rana e il signor Fini hanno prezzi da capogiro e le quantità delle loro confezioni sono per una persona singola che desidera fare il bis.

Certo, non possiamo stare ore ed ore a sfruculiare il cervelletto su cosa dobbiamo mettere sotto i denti e cosa no. Un bel pacco di patatine non puoi non fartelo una volta ogni tanto, come un gelato, ottimi per quando sei di cattivo umore o quando vuoi festeggiare la buona riuscita di qualcosa. Non ci si può limitare tutte le volte. Inoltre la società ti tenta in ogni modo.

Del pacco che ti ritrovi tra le mani, non puoi non leggerlo, non si possono non ammirare le furbe trovate per rendere il prodotto accattivante portando, ad esempio, a pensare certa gente che avrà tra le mani delle buonissime patatine che non faranno mai così tanto male. Illusioni. Le patatine faranno sempre male e se una volta ogni tanto vuoi strafare, comprati quelle più buone e basta, o falle da te, congelate o fresche. Una volta, una sola volta ho avuto la splendida idea di assaggiare le patatine biologiche: le palline erano simili a quelle Pai, ma il gusto era praticamente inesistente. Alla faccia del biologico. Ma non voglio fare come quelli che stanno solo a criticare tutto ciò che li circonda, no, non mi interessa. Quelle patatine avevano bisogno di un mucchio di sale ed io a Vienna non ne avevo. Peccato.

Voglio lodare, invece, l’arte culinaria, chi con i propri segreti e i propri marchingegni riesce a fare un risotto alla zucca con i controfiocchi, chi dopo tanto errare riesce a comprendere che un buon sugo è quello fatto in estate con i pomodori rossissimi comprati al mercato, lavorati poi a mano o setacciati con la macchinetta. Un buon sugo deve avere di base: olio, sale, cipolla e aglio. Non è una cosa facile da comprendere. Le resistenze sono tante agli inizi e l’odore di certi aromi è così invadente che non si toglie più dalle mani. In questi casi vincerebbe il sugo alla bolognese già pronto, ma a meno che non hai una vita stra-impegnata e per questo già rovinata di suo, dei minuti in più per fare un buon pasto sono utili in termini di attenzioni personali, oltre che interessanti dal punto di vista qualitativo.

È una questione di socialità. Cipolle rossissime o bianche, dorate, viola hanno bisogno del vostro sguardo attento, della vostra cura. Sono i frutti della terra, a volte lontani pochi chilometri da casa tua, quella dalla quale non riesci a scorgere neanche un alberello. Essi meritano molto di più rispetto alle finzioni targate Cameo, Buitoni o Nestlé. Sì, mortacci loro e di tutte le diavolerie che si sono inventati per entrare nelle nostre vite. Eravamo umani e ora siamo consumatori e figli delle multinazionali.

Ma basta poco e ritornare alla nostra primigenia condizione non è così complicato. Girate i mercati o se siete in macchina per località nuove, prendete le statali e fermatevi quando incontrate cartelli con su scritto “si vende vino”.

Quando si può e non dovete correre, investite bene il vostro euro, non nel solito “pezzo” (che poi non basta mai e ti costringe a prendertene un altro), ma in un chilo di frutta o verdura al Capo, quel mercato che ogni domenica salva ottimamente i miei pranzi.

Poi qualcuno dice che certi colori aiutano le nostre esistenze.

E secondo me anche certi sapori.

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