Il destino del “maschio”

di Giulio Macaluso

Da un articolo del 1996 di Repubblica.

“Buone notizie per quello che fu una volta il sesso debole. Nei paesi occidentali, e soprattutto in America, le donne lavorano sempre di più, occupano posti che sono socialmente sempre più rilevanti, e, quando studiano, sono molto più brillanti dei maschi. Guadagnano, in media ancora meno – è vero – ma la distanza si sta riducendo. Insomma, il futuro è rosa. Per loro. Perché, in modo inversamente proporzionale, il futuro si presenta invece nerissimo per il maschio occidentale. Della scuola abbiamo già detto: le ragazze di fine secolo sono più motivate e sveglie dei ragazzi. Ma non solo: gli uomini che lavorano (e la percentuale degli occupati scende) sono intrappolati in impieghi declinanti, non si riciclano perché non vogliono compiere lavori che considerano “femminili”. Di conseguenza anche la loro affettività è insicura: se sono disoccupati o se hanno posti a rischio, sono partner senza attrattiva. Destinati alla solitudine. E infine, senza possibilità di riscatto. Il maschio solo, lasciato a se stesso tende a non rispettare le regole di comportamento sociale delle quali invece diventa un fiero paladino quando è un padre di famiglia con regolare stipendio.  Questo foschissimo quadro viene dipinto, in una bella inchiesta, dall’ Economist, che gli dedica la copertina e pubblica, come prova della tendenza in atto, una serie di tabelle molto eloquenti. La conclusione del settimanale inglese è desolante: a scuola, al lavoro e a casa gli uomini stanno fallendo. Non lo sono ancora: ma se la tendenza in atto continua, nel prossimo secolo diventeranno il vero sesso debole. Forse, tutto ciò può soddisfare le femministe. Una parte della loro rivoluzione si sta compiendo. Anche se prendere – sic et simpliciter – il posto degli uomini, non era esattamente l’ obbiettivo di tutte loro. Perché il punto è questo: l’ Occidente capitalistico ci sta dicendo che la parità sembra un sogno impossibile, se un sesso sale nella scala sociale, l’ altro scende. Potrà anche essere un bene, chissà, ma se va avanti così il ministro delle Pari opportunità dovrà presto occuparsi più di maschi in crisi che di donne.”

Questo articolo è ancora attualissimo perché la transizione di cui si parla è ancora in corso ed è inesorabile. D’altronde, ormai fa parte della sociologia mitologica urbana: l’uomo odierno è confuso, non sa cosa vuole. Questo, di per sé, non provocherebbe alcun danno se non si associasse a un fenomeno diametralmente opposto: la donna odierna sa cosa vuole, è sicura di sé. Che sia per una relazione temporanea o duratura, prende in mano il timone della nave e organizza partenza, tragitto e approdo.

Per grandi linee si è verificata un’inversione nella posizione di timoniere tra i sessi. Conseguenza ne è una crisi conclamata dei rapporti tra i due, a tal punto che la condizione prediletta è l’esser single. E non è tanto strano né tanto un errore. I cambiamenti sociali hanno bisogno di tempo per essere assorbiti dalle menti e quindi è normale ci si trovi in una fase di studio attrattivo/repulsivo reciproco.
Ma l’uomo ha ceduto il passo volontariamente o forzatamente?
Direi la prima. Niente, se non il buon senso, ha indotto al tentativo delle pari opportunità, ma mentre ciò avviene, parallelamente si è raggiunto invece lo sgancio dalle responsabilità.
L’uomo finalmente si è liberato dal peso di dover necessariamente condurre la barca.
Fino al secolo scorso la predominanza dell’uomo era naturale o indotta dalla società prettamente maschilista? Direi la seconda. Tanto è vero che le donne nel momento in cui si sono potute divincolare da un giogo opprimente, lentamente ma inesorabilmente, se ne sono liberate. E non importa se ancora alcune usano il corpo come merce assecondando reflussi di marcio maschilismo in società.
Nella massa si è andati molto avanti e nei decenni a venire si avrà probabilmente la vera parità, che non è tuttavia raggiungibile tramite una mascolinizzazione delle donne. Questa strada è la più facile da percorrere ma anche la più ricca di insidie e perdite per le donne.
Tornando all’uomo, questo ha scoperto la sua debolezza al di fuori dell’ombrello della società e ha perso la predominanza per diritto. In teoria, doveva sostituirla con l’autorevolezza. Ma così non fu. Uomini autorevoli? Quasi impossibile trovali! Ma se non sanno cosa vogliono, almeno sanno cosa non vogliono?
No, ed è la cosa peggiore. Sempre più uomini vivono attratti solamente dal senso del piacere (che ha sostituito il senso del dovere) nell’eterna e piacevole “Isola che non c’è”, pieni di diritti e avari con i doveri.
Fintamente cinici, i più amano l’amore ma non possono concedersi per impegni non ben precisati. Sono re dell’indeterminato, che si cimentano nella critica ma non cercano soluzioni, solo nuovi rinvii.

Tempi duri, dunque, per gli uomini indeboliti e sorpassati, ma anche per le donne.
Se solo potessero progredire senza abbattere le poche certezze degli uomini…

12 thoughts on “Il destino del “maschio”

  1. Io non sono d’accordo. Il mondo pullula di ambienti maschilisti, ANCORA, e forse convinzioni come quella di Repubblica, che la donna (già la generalizzazione mi rabbrividisce) sa cosa vuole e l’uomo no, non migliora le cose. L’unica cosa che le femministe hanno voluto far comprendere agli uomini è che le donne sono persone, esseri umani che in quanto tali hanno sogni, ambizioni, dignità, non sono bestie da ingravidare, addomesticare e allevare insieme alla prole. Forse, se un fondo di verità c’è in questo discorso, è dovuto al fatto che le donne sanno di dover sgomitare – ANCORA – e di dover ogni volta difendere la propria dignità di esseri umani, dal momento che c’è chi, pur essendo nato post sessantottino, sembra ignorare che in almeno metà del mondo ci sono state giusto un paio di emancipazioni (donne, omosessuali, neri, e così via)… e vi assicuro che non è uno solo, purtroppo!

  2. L’articolo e anche le mie osservazioni sono relative ad una piccola fetta del mondo, la nostra. Purtroppo nella restante parte, più del 50%, perdurano ancora le condizioni di cui parli. Vorrei specificare che non do al fenomeno una connotazione negativa, ma ciò non toglie che la parificazione si sta svolgendo per vie anomale. Sarà vero che l’equilibrio tra i due sessi è una utopia?

      • Io penso che più di non accettarla non sappiano come viverla per manifesta incapacità. Siamo in un periodo di evoluzione adattativa per cui ci vuole tempo. E anche vero che molti individui o gruppi rifiutano il mutamento e accentuano un comportamento maschilista. Ma guarda nel complesso: non ti sembra si stia in progresso? Questo potrebbe dare buoni frutti. Spero tu non sia pessimista.

        • non sono pessimista, però non sono per nulla d’accordo con “Se solo potessero progredire senza abbattere le poche certezze degli uomini…”, perché non mi riesco proprio a spiegare in che modo, dal momento che “nei paesi occidentali, e soprattutto in America, le donne” semplicemente “lavorano sempre di più, occupano posti che sono socialmente sempre più rilevanti, e, quando studiano, sono molto più brillanti dei maschi”… forse perché “l’ Occidente capitalistico ci sta dicendo che la parità sembra un sogno impossibile, se un sesso sale nella scala sociale, l’ altro scende. Potrà anche essere un bene, chissà, ma se va avanti così il ministro delle Pari opportunità dovrà presto occuparsi più di maschi in crisi che di donne.”? Non c’entra la mascolizzazione delle donne…c’entra che essere dirigente, preside, professore, ricercatore, medico, biologo non è una questione di genere, ma una questione di realizzazione delle proprie aspirazioni, aspirazioni che possono appartenere a un uomo, ma possono appartenere anche ad una donna. E ci sono donne che vogliono entrare nell’esercito, nella finanza e nella polizia…chi dice che quello è il posto degli uomini e che, prendendoselo le donne, lasciano inevitabilmente gli uomini disoccupati? In una società che si presume meritocratica, quelle donne hanno meritato quel posto di lavoro… E quante donne si fingono ciniche per realizzare i propri sogni, e fanno delle rinunce… eppure, “più brillanti dei maschi. Guadagnano, in media ancora meno – è vero – ma la distanza si sta riducendo”..

  3. Aggiungo che anche io mi riferisco chiaramente alla parte di mondo alla quale ti riferisci tu (e non alle altre, nelle quali parlerei piuttosto di situazioni di lesa umanità): nella nostra società perdura il maschilismo.

  4. Bel dibattito!

    Io credo che davvero la parificazione (quella di cui si può parlare nella nostra fetta di mondo) stia avvenendo in modo anomalo, ma per capire il perché di queste anomalie bisogna guardare a più variabili intervenienti.

    Parto dal presupposto che penso nel mio piccolo che ci sia un maschilismo cristallizzato (a volte anche solo a livello inconscio) nella psiche di uomini e donne che porta
    – gli uomini a non accettare fino in fondo la parità
    – le donne o ad emanciparsi solo in apparenza o ad affermarsi secondo modelli comportamentali spesso machisti o comunque spalmati su un eventuale comportamento maschile, piuttosto che nel rispetto dell’identità femminile. Qui stanno degli errori ed un punto di contrapposizione/paura/sopraffazione uomo-donna, secondo me; nonché una sorta di non-rispetto (spesso anche questo inconscio) che la donna applica nei suoi stessi confronti, anche perché così non se la prende davvero, questa parità.

    Di fatto, da qualche “decennio” le donne hanno acquisito la capacità di essere più volitive e assertive perché il contesto glielo ha permesso, ha consentito loro di studiare e di uscire di casa vestendosi più o meno come volevano …questo ha messo in discussione un sistema (anch’esso interiorizzato e cristallizzato) di ruoli e di modus vivendi. Questo ha ribaltato quell’angolo visuale che le relegava ad essere l’anello debole del mondo-adulto-non-disabile, mentre l’uomo le proteggeva e si buscava il pane per tutta “a famigghia” (ecco il ruolo atavico che connotava l’uomo, e che lui ora ha perso, trovandosi depauperato di ruoli e di identità certi). Tutto questo, quindi, non può che mettere in crisi l’identità di genere e di ruolo sia penedotata, sia vulvodotata.

    Se tu hai quasi per diritto filogenetico la prima e l’ultima parola su tutto, probabilmente non ti applicherai più di tanto a cercarne le ragioni, le motivazioni, le logiche e le congruenze, a prendere decisioni attentamente valutate e ad operare scelte su un campo infinito e aperto di opzioni. E a definire chi sei. Come per la secolarizzazione, se decadono i pochi valori che si hanno – in questo caso il maschilismo/patriarcalismo – l’essere umano è disorientato. E tra uomo e donna, la donna sgomita per approfittare di questo spazio, l’uomo recede confuso e spiazzato, forse perché non ha più quella sicurezza scontata di poter da sempre e per sempre fare il padre-marito-capo padrone. Chi si è senza essere un padre-marito-capo padrone? La cultura di oggi non sempre te lo dice.
    E’ come riprodurre il crollo della gerarchia rapporto feudatario-schiavo: chi nasceva schiavo sarebbe stato schiavo e chi nasceva padrone o re o duca lo sarebbe stato in eterno, non c’era bisogno di costruire la propria identità. Se tu invece questo essere e questo diritto (uomo o donna che tu sia) devi guadagnartelo all’improvviso… beh, da una posizione di superiorità/inferiorità scontata cadi in una condizione di dubbio quasi ontologico. E NON TUTTI SIAMO EQUIPAGGIATI PER RISOLVERLO! …Ma qui si parla di differenze inter-individuali e non uomo/donna.

    Volendo operare però delle generalizzazioni più ampie per capire meglio questo fenomeno, credo che l’uomo-medio stia ancora vivendo questa crisi e che la donna-media stia cercando per tentativi ed errori una sua soluzione; forse perché l’ha aspettata per secoli, ORA DEVE trovare questa soluzione. Che probabilmente è ancora in larga parte anomala. Com’è ovvio che sia…

    Quando c’è una crisi si va incontro ad un ri-adattamento, ad una ristrutturazione del sistema.

    Probabilmente l’adattamento e la vera parità in questo momento sarebbe la rinuncia AL RUOLO PRECOSTITUITO, e la negoziazione sempre in fieri, circostanziata, contestualizzata e meritocratica del proprio “posto” in quel mondo (familiare, lavorativo, sociale,…): androginia intrapsichica, ruoli multipli, flessibilità.
    Ma siamo pronti per questo? Siamo pronti a non farci dire dall’esterno che posto dovremmo avere nel mondo e a non piagnucolare se non lo abbiamo di diritto?
    La rinuncia al ruolo è dura, sia che tu abbia l’astina tra le gambe, sia che tu abbia il buchetto.
    E allora, forse, questa soluzione tanto agognata è ancora in larga parte anomala, com’è ovvio che sia…

    • Il problema è proprio il concetto di ruolo che ci hanno inculcato. Uomini e donne hanno uguali diritti e uguali doveri, sono liberi di concorrere per gli stessi tipi di lavoro, perché nessuno “vive per ripicca”, nessuna donna si mette a fare un lavoro che non vuole fare (a meno che non ne abbia la necessità) solo per mostrare la forze del suo genere…una sorta di eroina collettiva, non avrebbe proprio senso, non sarebbe utile a nessuno! Così come l’uomo può aver necessità/desiderio di percorrere una strada, e ha diritto a superare gli ostacoli che incontra nel tragitto, e se ci riesce ha diritto a raggiungere la meta, così la donna ha gli stessi identici diritti. E’ difficile sia per l’uomo sia per la donna accettare determinati comportamenti che non ci sono stati insegnati dalla nostra cultura, per una donna è difficile accettare che è lei a campare la propria famiglia mentre il marito non trova lavoro, e viceversa…ma bisogna vedersi, guardarsi, come esseri umani, non come maschio e come femmina…il lavoro, poi, per me, è una parte fondamentale dell’essere umano, fondamentale quanto la famiglia, per la propria realizzazione…

        • L’atteggiamento machista secondo me è minoritario… e forse quasi eroico e fuori dal gregge, dal momento che i media rimandano tutt’altri modelli comportamentali per le donne…

          • Tutto quello che prospetti oggi è possibile ma non ancora realizzato. Non possiamo pretendere che la società storicamente impostata in un modo, muti all’improvviso. Tra l’altro bisogna considerare le larghe fette di popolazione incapaci di modificare i propri retaggi per ignoranza, tradizioni, costumi. Piuttosto, Noemi ha esplicato splendidamente il nocciolo della questione. L’identità si dovrebbe costruire con l’esistenza, il merito, le esperienze, etc., mentre finora è stata un etichetta di cui nessuno ha mai dubitato. Tu pensi che tutti abbiano le capacità di trovare il proprio ruolo autonomamente? Hai mai chiesto ad un operaio cosa pensa delle donne, degli omosessuali, della libertà di scelta? Io si, e ti dico con cognizione di causa che solo chi nasce in questo nuovo clima potrà trattare tematiche come la parità dei sessi come normalità. Viceversa chi ha i piedi ben saldi nelle cognizioni di qualche anno fa difficilmente può farlo, perchè il contesto e tante altre cose hanno influito sulla sua formazione. Non affermo, quindi, che ciò che abbia raccontato io o l’articolo sia giusto o chissa cosa. Si è fotografata una situazione in divenire solamente.

  5. Io credo che ci sia un’effetto molla. Se vuoi allungare una molla di 5 cm allora dovrai tirarla per 10 cm. Se la tiri solo per 5 cm tornerà alla sua lunghezza originale. E’ per questo che nelle battaglie per “l’emancipazione” e per le pari opportunità ci sono degli estremismi come la mascolinizzazione o il gay pride, è come tirare la molla per 10 cm.
    Questi “effetti collaterali” del processo li vedo del tutto normali, esagerati sicuramente, ma provocatoriamente dovuti.
    Sono contrario invece con chi combatte contro “i pregiudizi” (così li chiamano) a priori, negando ogni differenza razziale, sessuale, etc. contro frasi come “le donne in genere sono meno forti” o “i migliori velocisti mondiali sono di pelle scura” “il calcio è praticato più dagli uomini che dalle donne, pertanto è uno sport prevalentemente maschile”. Certe volte bisogna proprio stare attenti nel dire queste ovvietà, c’è sempre chi si arrabbia!

    “E’ ricercando l’impossibile che l’uomo ha sempre realizzato il possibile.
    Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che appariva loro come possibile non hanno mai avanzato di un solo passo.”(Bakunin)

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