Romanian Trip #2 – Coca Cola

Dicevo che nei nostri su e giù per la Romania abbiamo macinato quasi 1.000 km di statali, perché in Romania coi finanziamenti UE sono riusciti a fare solo uno “sputo” di 300 km di autostrada. Queste statali erano così: doppia corsia, colline e prati verde chiaro con covoni di fieno a destra e a sinistra, ogni tanto il cocuzzolo di una chiesa ortodossa, spesse volte “gente coi sacchi” che macina a sua volta km sul ciglio della strada. Ogni tanto anche qualche paesino a destra e a sinistra dell’asfalto (ma c’è sempre qualcosa anche dietro!) con le “casuzze” inevitabilmente dai tetti spioventi e dagli intonaci color pastello, pena la tirata d’orecchie di un qualche piano regolatore esposto con chiari cartelli ai crocicchi. E poi spesso, spessissimo, in mezzo al nulla dei puntini rossi che più ti avvicini e più vedi che sono degli ombrelloni della Coca cola. E più esplori e più trovi ovunque ombrelloni, tendaggi-da-bar e tavolini + sedie sempre della Coca Cola: rosso di qua e rosso di là in mezzo al pastello. Sotto questi ombrelloni, soprattutto in mezzo alle statali, omini e donnine di vario tipo a vendere covrigi, tuica (la tipica grappa di prugne), “succhini” vari fatti in casa e “fruttini” piccoli e arancioni o in forma di bacche color ciliegio; la cosa più normale che vendevano piazzati per ore sotto ‘sti ombrelloni erano “chilate” di frutti di bosco a due soldi (quelli là te li tirano in faccia, con i Rom che te li vendono pure agli angoli delle strade). E insomma, ti giri e vedi Cola Cola: le prime, le seconde, le decime volte, le ventesime… Coca cola sulla funivia che porta sul monte Tampa, a Brasov, e sempre Coca Cola lì sopra: tra i mici, le birre Ursus del luogo e i cartelli che avvertono di fare attenzione all’Ursului che ti magna, distese di rosso-cola. Le prime volte mi chiedevo perché. Alle centesime, in mezzo alle poesie del verde nella pace del nulla o di una via poetica in una città… Beh, alle centesime volte mi infastidivo come un piccolo toro provocato dal drappo. Io che non ero del luogo mi sentivo invasa, colonizzata! Ma chi ci trase qua sta Coca Cola? Ma come cavolo hanno fatto a contattare pure il barista di un paesino di 23 abitanti della Transilvania per mandargli in dono tavolami e ombrelloni rossi? Chi cavolo ha scoperto che c’è un bar anche a Cazzovillariului? E come? I rappresentanti della Coca sono venuti a esplorare l’Est per piazzare litri di Cola anche qui? Tanto è buona pure per pulire i cessi, dicono! O il buon Vasco è venuto a fare un tour in zona portandosi appresso il culto del “bevi la Coca Cola, che ti fa divertire!”? Così già che ci siamo vivacizziamo questo poetico, povero ed estremo nulla “con tutte quelle, tutte quelle bollicine”.

Insomma, i dubbi sono rimasti, e l’amaro di vedere più ombrelloni della Coca cola di quelli delle birre locali pure (100:1). Ed io, che odio sia la Coca Cola che la Pepsi & affini, penso ai “cetriolini dello Spreewald” di Goodby Lenin e provo nostalgia e forse un po’ di rabbia. La glocalizzazione è un’utopia; anche perché, quando l’hanno inventata, la globalizzazione se li era già pistiati tutti i cetriolini, penso…!

E ma quindi come sarà stata la mia amata Romania prima del “colonialismo cocacoloso”?

Piccolo spazio pubblicità,
Piccolo spazio pubblicità! […] 
Coca cosa? Coca cola!
Coca cola! E sai cosa bevi
Con tutte quelle tutte quelle bollicine.
(Bollicine – Vasco Rossi)

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