Cosa esser psicologo? Credo di questo tema di aver più volte parlato, attaccata come una cozza innamoratissima alla professione/compagna-di-vita che ha scelto. E più vado avanti, e più sento la necessità di sgomberare il campo da stereotipi inamovibili che privano molta gente della cura che meriterebbe. Eccone qui, in questa giallissima immagine, 10 esempi:
In realtà “stereotipi” (da “stereos” = solido + “typos” = impronta”: nelle tipografie francesi era l’arte di stampare mediante caratteri saldati insieme, fissi) e “pregiudizi” (da “pre” + “ius” = diritto” + “dire”: il diritto di dire prima, di “giudicare prima di conoscere qualcosa”) sono idee standardizzate, opinioni di comodo. Potreste invece scoprire che il lavoro dello psicologo è tutt’altro che rigidità stereotipica e pregiudizievole e che, al contrario, la cura, se è una “buona cura”, si adatta sempre e flessibilmente al paziente! Andiamo con ordine:
1° – “Lo psicologo è per i matti”. Me lo diceva spesso anche C., ma poi ne parlavamo entro lo spazio della nostra psicoterapia e la paura si sgonfiava. Anche perché chi sarebbero questi matti? E perché è così grave andare in analisi? Cosa potrebbe accadere? Lo psicologo è per chiunque! …Per chiunque abbia il coraggio di voler star meglio con se stesso e col mondo.
2° – “Lo psicologo è per i deboli (ed io voglio farcela da solo)”. Beh… chiunque desidera sentirsi forte, capace; lo psicologo non si sostituisce a nessuno, ma è per chiunque sia abbastanza forte e coraggioso per chiedere aiuto in un momento di difficoltà. Infatti, non lo psicologo, ma il paziente è il coriaceo protagonista della cura e l’artefice del proprio cambiamento.
3° – “Lo psicologo potrebbe manipolare la mia mente”. Questa è una delle paure più diffuse, ma trovarsi entro la relazione calda, accogliente e di forte fiducia reciproca che è la condicio sine qua non per fare un buon lavoro psicologico basta di solito a fugare questo dubbio. Se non bastassse, sappiate che esiste un ordine che tutela in primis il paziente e che punirebbe qualsiasi psicologo non ben formato e o che non operasse secondo l’esclusivo interesse dei suoi pazienti. Gli psicologi non manipolano le menti altrui, ma aiutano a comprendere come funzioniamo, cosa desideriamo e o di cosa abbiamo bisogno.
4° – “Io sono fatto così (cambiare è impossibile)”. A questa si può solo rispondere con “volere è potere” o “volare”, “provare per credere”! Ma potremmo anche dire che le ricerche dimostrano che la psicoterapia funziona, è efficace e conviene. La psicopatologia ha infatti un costo finanziario importante a livello socio-sanitario (richieste d’aiuto, assenze sul posto di lavoro, acquisto di farmaci, etc.). Per converso, i benefici della psicoterapia sono tanti:
– promuove una maggiore collaborazione e aderenza del paziente alle prescrizioni mediche;
– riduce i tassi di ricaduta;
– migliora il funzionamento sociale;
– migliora l’adattamento e la capacità di affrontare i problemi;
– si associa a minori costi sanitari diretti e indiretti (minori richieste d’aiuto, di ricoveri, di assenze sul posto di lavoro, minor acquisto di farmaci, etc.).
5° – “Nessuno può capire il mio dolore”. Uno dei principali strumenti di cura dello psicologo è l’empatia, ovvero la capacità di decentrarsi da sé e di mettersi al posto dell’Altro, sperimentandone vissuti, dolori, sentimenti; uno psicologo sa mettersi al posto dell’Altro, sa sentirne la sofferenza e non si sottrae ad essa, non ne ha paura ed anzi sa sostenerla. Così, un paziente può sentire di non essere più solo, mentre la relazione può aiutarci a comprendere noi stessi ed il nostro modo di stare nel mondo e con gli Altri (ivi incluse le nostre sofferenze).
6° – “E’ impossibile risolvere problemi concreti solo parlando”. E perché? A parte che la psicologia e la psicoterapia sono oggi andate oltre la classica “talking cure” ed esistono tanti altri strumenti e orientamenti più “attivi” di cura (es.: le tecniche cognitivo-comportamentali, lo psicodramma, et similia). In ogni caso, il mettere in parola, il narrare e rinarrare la propria vita fornisce un senso di chiarezza e di ordine, aiuta a elaborare accadimenti o anche traumi ed a guardarli da nuovi angoli e prospettive. A volte anche a scoprire nuovi risvolti e soluzioni! E intanto, il nostro cervello e la nostra mente si evolvono e rafforzano biologicamente e relazionalmente, imparando nuovi e più adattivi modi di affrontare le situazioni problematiche.
7° – “La psicoterapia dura troppo”. Se una mente ha impiegato 20, 53 o 68 anni a strutturarsi in un certo modo disfunzionale, come può in 2 o 3 sedute cambiare? La psicoterapia non funziona come l’aspirina: necessita di tempo, di un tempo paziente; essa dura quanto terapeuta e paziente avranno concordato che è opportuno che duri per risolvere realmente i problemi per cui si è andati in terapia. Spesso una psicoterapia di 1, 2, 3 o di 6 mesi ha un effetto temporaneo, placebo, che porta il problema a ripresentarsi. Meglio concordare tempi (e costi) più adeguati, che credere di star meglio per poi tornare a stare male, no? E quando paziente e terapeuta sentiranno di aver completato il loro percorso, non si avrà più bisogno della presenza del terapeuta perché uno degli obiettivi della terapia è sempre quello di imparare a leggere il proprio mondo interiore ed a comprenderne/cambiarne il funzionamento anche da soli!
8° – “Lo psicologo costa troppo”. Come mai non diciamo lo stesso del dentista o del cardiologo? Forse sminuiamo le sofferenze che non sono del corpo? Forse non ci autorizziamo a curarcene come faremmo con un’insufficienza renale o con un diverticolo? Gli psicologi e psicoterapeuti obbediscono ad un tariffario del rispettivo ordine che ci aiuta a non svenderci (e che limita anche l’avidità umana) presi da troppa empatia. Certo, non ci sono i black friday e i saldi, ma non è forse altrettanto costoso lo pneumologo? Aiutateci ad aiutarvi concordando insieme i costi senza che nessuno debba svilirsi e ricorrendo anche a servizi pubblici ed a psicoterapie solidali a tariffe calmierate (che ad oggi per fortuna iniziano ad esistere ed a cui io stessa aderisco).
9° – “Perché rivolgersi ad uno psicologo quando posso parlare con un amico?”. O magari con un prete? Non è la stessa cosa! Lo psicologo scende in campo dopo una grossa formazione ed opera attraverso teorie e tecniche che ben padroneggia e che lo rendono un “artista della cura”. A sua volta, la “cura” è un “fare scienza con cuore e con coscienza” (la parola “cura” viene da “cor” = cuore!), è sollecitudine, è un prendersi carico attento, premuroso, metodico ed anche affettivo del paziente, basato su precise e rigorose teorie della mente, ma anche su corposi tirocini professionalizzanti e su una seria e lunga formazione.
10° – “Ah… Sei psicologo?”. Sì, ed è una delle scelte più felici della mia vita! Io credo in una psicologia sociale che sia accessibile a tutti e che sia “compatibile con il mondo come sta andando: un mondo aperto, poliglotta, politeista, cosmopolita, ricco di cose e di esseri che non intendono scomparire” (T. Nathan). In questo mondo, come dice la Carta di Ottawa (1986), tutti devono avere il diritto alla salute. La salute, anche quella mentale, è un diritto egualitario! Per questo è importante conoscere la figura dello psicologo, che (come dice la Legge 18/02/1989, n. 56) opera al fine di conoscere, migliorare e tutelare il benessere psicologico e la salute di persone, famiglie, comunità e organizzazioni sociali e lavorative. In essa, un professionista qualificato offre assistenza ad una persona che ha un problema definibile come “malattia” (problemi di vita, sintomi o sofferenze o disagi, difficoltà di adattamento) per modificare o migliorare queste condizioni. Il passetto successivo è quello della psicoterapia. La psicoterapia lavora per la risoluzione dei sintomi e delle loro cause attraverso la relazione. Ciò poiché, come dice un autore che amo molto, “quando qualcuno raggiunge i limiti della propria capacità di sognare le proprie esperienze disturbanti, ha bisogno di un’altra persona che lo aiuti a sognare i sogni non sognati. In altre parole, ci vogliono (almeno) due persone per sognare l’esperienza più disturbante di qualcuno” , “quello che nessuno, da solo, sarebbe in grado di pensare e rielaborare in modo trasformativo” (T. H. Ogden).
Amen!