Non sono fan degli Avengers e non sono nemmeno un
appassionato dei fumetti Marvel e DC Comics.
Di Batman ho ricordi sfocati della serie animata, e della storia di Joker so
pochissimo e sapevo ancora meno prima di vedere il film che da poco è uscito al
cinema. Avevo però visto il trailer prima della proiezione di “It – Capitolo
due” e di “C’era una volta a… Hollywood”. Normalmente non scalpiterei per
guardare un film sui supereroi, tanto meno per guardarne uno che narra la
genesi di un supercattivo, un antieroe. Il trailer però mi faceva intuire che
il “taglio registico” era diverso, più profondo e che l’interpretazione dell’attore
protagonista era degna di nota. “Da vedere!” pensai.
Il film racconta di Arthur Fleck, un aspirante comico che vive con la madre e la accudisce. Fa pubblicità fuori dai negozi travestendosi da pagliaccio con un cartello in mano. È un uomo buono. Un disturbo mentale fa sì che reagisca alle situazioni di stress con una sguaiata risata a metà tra il riso e il pianto. Arthur viene bullizzato, tradito, deriso e umiliato, sinché all’ennesima violenza subita si trasforma in “un mostro”, un omicida vestito da pagliaccio che uccide la gente ricca di Gotham City. Tutti ne parlano, dalle prime pagine dei giornali, ai colleghi, alla TV. Finalmente Arthur è qualcuno, e la gente si accorge che esiste, le sue azioni non passano più inosservate. Diventa inconsapevolmente l’icona di un movimento di protesta delle classi deboli, di quelli che vogliono rovesciare i poteri forti, il rappresentante del partito dei vaffa… ah no, questa era la storia di un altro comico…
SPOILER SUL FINALE
JOAQUIN PHOENIX
Per me che recito da anni in compagnie amatoriali vedere una così leggendaria e sacrificata interpretazione di un personaggio multi sfaccettato e complesso come Joker è allo stesso tempo fonte di ispirazione e triste consapevolezza: Quello è recitare! Io faccio qualcos’altro…
Conosco Joaquin Phoenix perché vegano, animalista e filantropo. Una persona empatica, che ha sempre offerto il suo volto e le sue parole per le campagne di sensibilizzazione di Peta e organizzazioni no profit per i più bisognosi. Non lo ricordavo per la buona interpretazione dell’imperatore patricita Commodo ne “Il Gladiatore”. Quando l’ho visto così magro nella pellicola di Phillips ho pensato “Caspita, un vegano emaciato e denutrito, che non tradisce l’immaginario collettivo!”. Non sapevo che con tanto spirito di sacrificio, l’attore ha perso oltre 20 Kg per interpretare Joker. Non è il primo che lo fa (Christian Bale docet), ma è sicuramente una prova di sacrificio per il sacro copione. Il lavoro sulla risata, frutto di un disturbo di cui soffre il protagonista, è un capolavoro. Joaquin Phoenix non ha solo indossato i panni del Joker, lui è stato il Joker. Il suo personaggio ti trascina empaticamente nei luoghi oscuri della sconfitta interiore, della morte del buono e ti illumina con le luci della ribalta di una rinascita violenta, rivoluzionaria. Lo spettatore vive con il Joker gli episodi di bullismo (se li ha vissuti in prima persona il coinvolgimento è ancora più forte) e fa il tifo per il suo riscatto sociale, a tutti i costi.
CONCLUSIONI
Joker è un film destinato a diventare cult, per alcune scene
epiche come la danza liberatoria sulla gradinata, l’intervista con il conduttore di talk show Murray Franklin, interpretato da De Niro, i
preparativi all’intervista, le risate isteriche, la più triste quella che
avviene in autobus, mentre con un bigliettino spiega il suo disturbo a una
preoccupata mamma, la più angosciante quella durante la serata di cabaret.
Un film che potrebbe deludere chi si aspetta di vedere un superhero movie, ma
che non delude chi vuole una buona storia, ben recitata e con una bella
fotografia.
E’ buffo come tutti parlino e scrivano di Batman senza leggere il fumetto.
Intendo proprio a tutti i livelli, anche altissimi.
Cioè, magari dipende anche dal fatto che è un fumetto vecchio con una quantità impressionante di numeri e incarnazioni, nessuno le conosce tutte.
Magari dipende dal fatto che Batman è un archetipo.
Lo stesso Tim Burton, che ha fatto quello che tutti definiscono il Batman più simile al fumetto (affermazione grossomodo insensata) ammette di non aver letto molto di Batman, tranne una particolare graphic novel che ha influenzato il suo Joker.
Che è la stessa graphic novel che ha influenzato il Joker dei film di Nolan, e che secondo me ha influenzato anche questo: “Batman, the killing joke”, di Alan Moore.
( Ne esiste peraltro un lungometraggio animato, spesso i cartoni animati di Batman vengono meglio dei film )
Credo sia necessario guardare anche quello per apprezzare bene questo.
Ma questo Joker va oltre, il Joker di Moore era sano prima, questo non lo è in nessun punto della storia.
La cosa sorprendente è il riuscire ad immedesimarsi in un personaggio che ad una prima occhiata dovrebbe essere lontano da qualunque persona normale.
A differenza di quello di Moore lui non cerca il riscatto, non c’è nessun riscatto nel film, nessuna rinascita, nessuna rivoluzione.
Cavalca il caos che ha creato fino all’epilogo finale.
Ai miei pazienti dico sempre che le emozioni e le esperienze della vita, come la materia, non si creano dal nulla e non si distruggono nel nulla. Hanno vita propria, sldentro di noi, se non ce ne occupiamo… E purtroppo non basta ibernarsi dentro un frigorifero. La frase sulla società che abbandona chi soffre mi ha fatto male, perché in molta parte vera. Spero che questo messaggio arrivi bene, insieme al resto del film…