Influenze e una casa nuova

Ho ripreso il Covid. Ma come hai ripreso il Covid? E che ne so! Ma di nuovo? Si, tre vaccini, un contagio ad aprile – asintomatico – e mo’ l’ho ripreso. Solo che stavolta sto na’ pezza. Pazienza, ne ho approfittato per vedere la quarta di Boris. Ché? Dovevo rifare il richiamino? Il richiamino…mi viene in mente quella scena de “Gli Svizzeri” di Aldo Giovanni e Giacomo a Mai dire Goal, dove Giovanni, alias Signor Rezzonico, fa un clistere a Giacomo-Gervasoni vestito da suora. Giovanni aveva “il richiamino”.
Iniettarsi un’altra dose di vaccino é come farsi un clistere. Tanto mi viene la febbre lo stesso. Spero gli anticorpi stiano proliferando, a ‘sto punto, cosí per st’inverno, l’influenza me la sono levata dalle palle!
Come dici? C’è un’altra influenza? Ah, quella del covid non conta, c’è quella di stagione pure? Apposto, visto lo stato di degrado delle mie difese immunitarie, é solo questione di tempo che prenda anche quella!
“La domanda non é dove, caro Reggie, ma quando” (cit.).

Comunque non ci voleva proprio il covid in questi giorni dato che sto affrontando un trasloco. Finalmente sono riuscita ad andarmene dalla casa/hostello in cui vivevo. Il giorno stesso in cui questo post verrá pubblicato, infatti, avró in mano la copia delle chiavi della “mia” nuova casa. Ho scritto “mia” tra virgolette perché essendo una millennial, non avró mai realmente una casa mia. Per questo motivo ringrazio Marta che mi ha fatto uno sconto sull’affitto, ché altrimenti ciao. Sono passati 4 anni dall’ultimo cambio di casa. Anche se in realtá ogni estate (anno funesto pandemico a parte) ho sempre fatto la spola Spagna – San Vito lo Capo e quei 4 mesi estivi sapevano veramente di trasloco! Soprattuto al rientro in Spagna, mi sembrava ogni volta di portarmi appresso la casa! E la casa in questione era sempre quella della Mulino Bianco. Il paese dal quale scrivo ha la “ñ” nella tastiera ma non ha i Flauti al cioccolato. Che disperazione!

Ne ho fatti di traslochi in vita mia! E di trasferimenti! Avoja! Ho cambiato piú case che amanti. Forse. A Palermo, San Vito, Verona, Vicenza, Torino, Sardegna e Siviglia. “Le case in cui ho vissuto erano cieli chiusi dentro ad una scatola” cantavano i Marta, e in quella stessa canzone c’é una frase che mi ha sempre colpito: “l’educazione non prevede che si possa andar via bene senza stare un poco male”. Capisci? L’educazione! Ed io, dopo 4 anni di convivenza con altre 14 persone, quattro cani, tre gatti e una colonia di blatte, dopo 4 anni di “perché cazzo devo sempre essere io a portare fuori la spazzatura” e di coinquiline che scopavano male a voce alta, dopo 4 anni di “siamo giá cinque che stiamo cucinando, torna dopo!” e “Juan ci si é rotta la tavoletta del cesso, verresti a cambiarcela” visualizzato e non risposto, io – dicevo – che faccio? Ci devo stare male? Ebbene mi mancherá scendere di casa, girare l’angolo e vedere la piazzetta del San Lorenzo, quelle che non mi mancheranno saranno le campane ogni 15 minuti.

Ma comunque, signora mia, bisogna andare avanti. E meno male che si avanza! Di 14 coinquilini me ne rimane solo uno, ed é quello con cui voglio svegliarmi la mattina – per fortuna, altrimenti t’immagini che sfiga! Quando nel lontano settembre 2008 misi piede per la prima volta in terra sivigliana mai avrei potuto immaginare che proprio quella terra, adesso, la chiamo “casa”. Da quando me ne andai la prima volta, volli sempre tornare: ebbene ci sono riuscita! Alla fine, se ci crediamo fino in fondo, i sogni si avverano.

Quindi, ciao, vado a credere di mangiare senza ingrassare.

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