La solitudine della terza età

Di recente ho partecipato a un banchetto per la festa di un’associazione di cui faccio parte. Al ristorante, parallelamente al nostro, un altro banchetto (nozze d’oro) si consumava tra risate e vino. Sono di quelle occasioni dove si conosce gente nuova, si mangia troppo, e si sta allegri, una bottiglia di vino vuota viene prontamente sostituita dagli attenti camerieri. Si beve, si beve parecchio. Anche io avevo bevuto un po’ più del solito, ma, dovendo guidare, mi sono posto dei limiti e li ho rispettati.

Nulla di speciale, è quello che dovremmo fare tutti, almeno chi deve guidare. Ma non sempre va così, non sempre si ha consapevolezza del proprio stato e dei propri limiti.

Finita la festa e contemporaneamente finiti anche i festeggiamenti delle nozze d’oro, mi incammino verso lo stracolmo parcheggio del ristorante; pochi passi e una Panda guidata da una signora piuttosto matura mi passa vicino strisciando quasi un muretto a velocità sostenuta. Fra me e me penso “Questa non ci arriva a casa!” ma è ormai tardi per fermarla, ha già girato l’angolo. Un uomo grida “Fermatela, ha sbattuto 2 volte contro quest’auto!”. Subito dopo sento il rombo del motore della Panda (probabilmente che girava a vuoto perché non aveva ingranato la marcia) e poi BOOM!
Per fortuna la macchina si era incagliata nel muretto che delineava una siepe. Nel tentativo di uscire (forse di fuggire) e con la mente annebbiata dall’alcool la signora ha scambiato un piccolo varco tra le siepi per l’uscita. Per fortuna, perché nello stato confusionale in cui si trovava avrebbe messo in pericolo la sua vita assieme a quella di chi avrebbe potuto incrociarla.

Alcuni volontari dell’associazione stavano già aiutando la signora cercando di disincagliare l’auto, un’ultima spinta e la macchina era libera. I volontari erano entusiasti “Ok signora tutto a posto!”, quando io li avevo appena raggiunti. Rivolgendomi alla signora le dico “Signora ha urtato delle auto al parcheggio, scenda dall’auto che chiariamo la situazione e ci tranquillizziamo…”. La signora era molto truccata, ricordava la “vecchia imbellettata” di Pirandello. Con una calma inaspettata mi risponde “Ma io non ho fatto nulla, sono già tranquilla”.
Insisto “Signora, probabilmente ha bevuto un po’ troppo, l’ho vista strisciare quasi il muro, ha urtato una macchina e non se n’è accorta, si è incagliata tra le siepi… è meglio per il bene suo e di altri automobilisti che non succedano altre cose brutte.”, “Ma io devo tornare a Torino” risponde. “Signora temo non riesca a percorrere 40Km senza fare danno, mi creda è meglio che scende, beve un bicchiere d’acqua e aspettiamo un po’. Non vuole che rimanga ferito o muoia qualcuno, vero?”.

La signora finalmente si convince, accompagnata dal festeggiato delle nozze d’oro (di quel gruppo erano rimasti solo i due anziani coniugi festeggiati), si siede su una sedia, qualcuno le porta l’acqua, nel frattempo io le porto un alcool test (che tengo sempre in macchina) e le chiedo “Signora questo è un’alcool test, se vuole può fare il test così capisce da sola se può o non può guidare”. Lei esita e poi risponde “No, perché ho bevuto troppo…”. “E allora è meglio che aspetta un po’, anche perché io glielo chiedo se vuole fare il test, se avesse fatto un incidente fuori da qui la polizia glielo avrebbe imposto… Chiamiamo qualcuno che la viene a prendere?”, risponde “Non ho nessuno…”. Il festeggiato mi dice con scarso entusiasmo “Ora vediamo come sta, poi in caso la accompagniamo noi…”.

Così mi faccio promettere, come farebbe un padre affettuoso con una bimba monella, che aspetterà sinché non si sentirà meglio e non si metterà alla guida se non si sentirà sicura. La signora, sotto quel trucco, sembra davvero una bambina e mi fa una gran tenerezza. Me ne vado felice che non sia successo nulla di brutto e sicuro di aver contribuito affinché non accadesse, ma triste per aver toccato con mano la solitudine che può riservare la terza età.


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