Il tempo non torna indietro

“Ho comprato tutto. Solo il tempo non si può comprare”
Earl Stone

È questa la morale del film “Il corriere – The mule” di e con Clint Eastwood. Eastwood non delude, né come attore, né come regista, nonostante un inizio pieno di stereotipi e dalle battute prevedibili e troppo costruite.
Il film è basato sulla storia vera del veterano settantaduenne Leo Sharp, che in crisi finanziaria, diventa corriere della droga per il cartello messicano Sinaloa e che all’età di 87 anni diviene il corriere in attività più anziano della storia. È sorprendente quanto le storie vere a volte sembrino più inverosimili di un fantasy. Il protagonista del film, il novantenne Earl Stone, è ispirato a quel vecchio narcotrafficante, anche se si discosta perché alla crisi finanziaria si somma una una grave crisi familiare che sarà al centro dello sviluppo della trama. Earl Stone ha infatti trascurato la famiglia mancando a battesimi, prime comunioni e persino al matrimonio della figlia, dando priorità al lavoro e alla vita mondana. Così, con l’avvento di internet e per colpa della sua incapacità di adeguarsi al mondo che cambia, il vecchio Earl finisce sul lastrico e chiude la sua attività di floricultura, con una figlia che non gli parla e praticamente solo. Un po’ per caso e un po’ per necessità inizia a fare delle “misteriose” consegne per un cartello messicano, forse non comprendendo bene perché quel carico sia così importante. Sembrano soldi facili e gli permettono di regalare i fiori per il matrimonio della nipote, le riparazioni ad un circolo per anziani, insomma grazie a quelle corse cariche di droga riesce a recuperare pian piano i rapporti con la famiglia e diventare di nuovo un punto di riferimento per la comunità, facendo “del bene”. È così contento di come vanno le cose che quando comprende la natura del carico trasportato continua a stare al gioco, e grazie al suo aspetto da arzillo vecchietto mezzo rincoglionito, riesce pure ad eludere i controlli della polizia. Mi fermo qui per non spoilerare come prosegue il film.

Il film comunque si concentra su quella frase iniziale, cioè al valore del tempo, che sfugge come la bellezza di un fiore reciso, se non vivi quel momento non l’avrai mai indietro. Il vecchio Earl dispensa a destra e manca i suoi consigli da vecchio saggio (memore dei suoi fallimenti familiari): “La famiglia al primo posto, poi il lavoro!”, “Fai qualcosa che ti piace figliolo!”. Questi alcuni dei consigli del vecchio Earl, che fa quasi tenerezza quando scambia delle motocicliste per uomini e scopre, parole loro, che sono delle lesbiche in moto. Fa tenerezza quando aiuta a cambiare una gomma dei “negri, perché a lui piace aiutare quelli come loro” (che provano invano a rieducarlo a un politically correct “neri” o semplicemente uomini come lui). E indubbiamente lo spettatore non può fare a meno che tifare per questo simpatico vecchio narcotrafficante, quasi dimenticando che sta trasportando droga e che per questo della gente starà male e altri moriranno. Lo si dimentica proprio.

Non so che tipo di padre e marito sia stato Clint Eastwood, ma ho idea che abbia una storia familiare comune a quella del protagonista, e forse per questo a recitare con lui c’è anche sua figlia Alison (quella che nel film non gli parla). Earl comunque il messaggio lo ribadisce più volte, proprio come farebbe un vecchio stolto: la famiglia è più importante di ogni altra cosa, tua moglie, i tuoi figli o i tuoi genitori. Puoi recuperare i rapporti con i regali che può permettersi un vecchio narcotrafficante, ma il tempo no, quello perso non lo puoi comprare.

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