Perchè un senso lo si deve pur dare, a questa giostra che gira incessante…

Traffico. Auto strombazzanti. Roboanti rumori che tracimano l’udito. Luci impazzite di fari che accecano. Gente che va, gente che viene, troppo occupata per darti anche solo un’occhiata, per farti il favore di posare lo sguardo su di te, che intanto vaghi confusa, senza meta alcuna, sveglia abbastanza per non farti travolgere dall’ennesimo bolide in corsa, trasognata quel che basta per non vedere le ovvietà così chiare agli occhi degli altri: un segnale di pericolo; un tombino aperto che sembra quasi attendere paziente la caduta, pronto a risucchiarti; un lampione stagliantesi netto contro l’oscurità nebbiosa di un cielo invernale/infernale. E magari piove. E tu, come al solito, hai dimenticato l’ombrello sull’uscio, là in quel non-luogo di passaggio che provi a chiamare casa, quasi che il solo definirla così, quella stanza umidiccia e rifugio di altri mille prima di te, come te smarriti, come te mine vaganti pronte ad esplodere, la renda in qualche disperato modo davvero la tua modesta dimora, protezione incerta, fragile guscio, capsula incrinata che il mondo prova a penetrare. Senza riuscirci, non del tutto. E continui a vagare, mentre l’odore dell’acqua ti entra nelle ossa, ti avvolge in un abbraccio che sa di terra bagnata e strade polverose, e pensi solo che in fondo non si sta poi tanto male a sprecare la vita girando a vuoto per vie, a volte deserte, altre straripanti di simil-formiche affaccendate col nulla, evitando con cura infantile di imboccarne una, definitivamente, una e per sempre, sant’iddio, di rendersi utile, di farne qualcosa, di quell’andare senza senso tra tutti quegli omini frettolosi,  mossi da invisibili fili che forse limitano, ok, ma anche sostengono, e lo sai bene tu, che ne sei fatalmente sprovvisto…non se ne parla. Tutt’al più, si può cercare di non essere troppo di peso, di non ostacolare le caotiche corse verso…cosa? Di passare inosservato, senza ingombrare. Fin troppo facile, e per niente soddisfacente. Soprattutto per chi ha l’anima di una fastidiosissima vespa nascosta dietro la faccia di bronzo stravolta dall’eterno sorriso sarcastico, un po’ di sdegno, un po’ di pena. Chiamalo egocentrismo, chiamalo egoismo, chiamalo narcisismo o in miliardi di altri psicanalitici modi…tu un segno della tua presenza lo vuoi lasciare, qualcosa che sia prova tangibile del tuo passaggio stralunato tra le rumorose fiere meccaniche che rischiano si travolgerti e che provi a fatica a scansare la vuoi lasciare…E c’hai pure l’ambizione, la colpevole presunzione di far cambiare direzione ai mostri ruggenti che ti sfrecciano accanto, alla faccia del non pesare e del non farsi scorgere. Dolce è osservare in silenzio, nell’ombra nascosto, il caos dal quale ti sei volontariamente esiliato, in minima parte da esso turbato, ma adrenalina pura, che soddisfa e appaga la coscienza, che nutre ambizioni che nulla hanno di umano, è descrivere, denunciare, portare alla luce servendosi solo della propria voce, delle proprie mani, le piccole e grandi storture che deturpano la scintillante metropoli che ti vuole, ti cerca, tenta di fagocitare le tue briciole amare. Sempre che un camion non ti venga addosso. Son rischi da correre.

6 thoughts on “Perchè un senso lo si deve pur dare, a questa giostra che gira incessante…

  1. Intanto ti voglio fare i miei complimenti per il tuo stile di scrittura…lo trovo ammaliante da morire! Molto musicale e vario, mi piace un sacco!
    Poi, ma dove cacchio eri, al Forum per caso? O in via Ruggero Settimo di Domenica pomeriggio?? xD Scherzi a parte…io odio andare di fretta, ma molto spesso mi ci trovo costretta…e così sono una delle tante anime accellerate sui marciapiedi di questa aspirante metropoli. Ma non sempre è così…odio far le cose velocemente, io il tempo me lo godo, hai presente il film “Lavorare lentamente”? Non è giusto avere sempre la sensazione del fiato sul collo, e c’è gente che ti rimprovera se non vai “al passo”, come fanno i cavalli… ma senza redini, da un attimo all’altro, puoi raggiungere l’altra parte del mondo dopo una sosta in cui ti hanno superato, e il tempo: inventartelo come cacchio ti pare.

  2. Come avrai capito dalla celerità della mia risposta, io quando posso (e capita spesso, o almeno ci provo) evito accuratamente di andare di fretta o anche solo di vivere ad un ritmo e ad una velocità a me non consona, ne andrebbe di mezzo la mia stessa sopravvivenza psichica! Naturalmente scherzo, ho esagerato un po’ la cosa, anche se è vero che cerco in ogni modo di vivere secondo i miei ritmi, seguendo i miei tempi, e pazienza se questo vuol dire non stare al passo o subire le prediche di chi corre e vorrebbe che tu facessi altrettanto…Però, vedi, penso che il problema non sia tanto correre, o far le cose di fretta, o vivere con il fiato sul collo: come dicevi anche tu, anche volte siamo costretti a farlo, e in un certo senso è giusto così, bisogna affannarsela la pagnotta, e inoltre bisogna fare attenzione a non confondere la calma, il godersi il tempo e rallentare, con l’ignavia e la pigrizia a oltranza (parlo per esperienza ahimè); il “problema”, se così lo si può chiamare, sorge quando dimentichiamo o, peggio, non abbiamo idea del perchè ci affanniamo tanto, o ancora quando nell’ansia di raggiungere la vetta ci scordiamo di dare un’occhiata a quel che ci circonda, non ci godiamo il viaggio insomma…questo credo sia davvero un peccato, e un errore, tanto più che, in fin dei conti, non c’è motivo alcuno di fare una cosa piuttosto che un’altra…a questo punto allora forse il senso, o almeno uno dei tanti, che possiamo scegliere di dare alla nostra esistenza in sè banale è proprio questo: vivere cercando di godersi il più possibile tutto ciò che ci passa davanti, farlo nostro e cercare di trarne sensazioni quanto più positive possibili, tentando di evitare le ansie e gli stress inutili, che tanto non ne vale la pena! E per far questo bisogna per forza vivere un po’ “al rallentatore”, darsi il tempo di osservare, di meditare, di pensare e assimilare bene ciò che si è visto e ascoltato e vissuto, senza esagerare però! Come in tutte le umane cose, bisogna trovare il giusto mezzo, e poi il resto viene da sè (o almeno dovrebbe!)
    Ah, io conosco un “Lavorare con lentezza”…Non so se ti riferisci a questo…se sì, grazie per avermene fatto ricordare, provvederò subito a vederlo…sarà paradossale, ma pur non avendolo mai visto, sto film ha segnato in positivo le ultime fasi della mia turbolenta adolescenza…non chiedermi come e perchè, ma è così! Ultima cosa: grazie per gli apprezzamenti! Il mio ego se ne sollazza e ringrazia!

  3. vivere analiticamente, non sinteticamente, perchè, a meno che non si tratti di aforismi, il riassunto è sempre superficiale. Concordo :D i comlimenti te li sei meritata. Lavorare lentamente parla di radio Alice, colonna sonora del film: Afterhours! ;)

  4. “Il mio mitra è il contrabbasso che ti spara sulla faccia
    Che ti spara sulla faccia quel che penso della vita”

    Essì, parliamo proprio dello stesso film! Afterhours in versione Area, Manuel Agnelli come Demetrio Stratos *_* Io ‘sto film devo subito vederlo! Grazie ancora!

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