Le sensazioni celesti

Il turista straniero, divenuto ormai l’unico non-italiano accettato entro i limiti del nostro paese, presenta una serie di caratteristiche che lo rendono immediatamente riconoscibile: bermuda colore cachi da marzo a novembre, zaino alle spalle, si sposta in branco con la fotocamera digitale in una mano e la guida audio nell’altra. Monumenti, piazze e luoghi tipici diventano semplici tappe per cliché fotografici da riportare in patria come trofei.

Capogiri, tachicardia, stati confusionali e allucinazioni al cospetto di opere d’arte sono i sintomi del più famoso dei malanni del viaggiatore: la Sindrome di Stendhal. Essa prende il nome dall’omonimo scrittore francese, nom de plume di Marie Henry Beyle, che fu il primo a riportarne i sintomi nel suo libro-resoconto di un viaggio.

Il turista del Teatro La Fenice di Venezia, che ho potuto studiare da vicino per tre giorni consecutivi, presenta invece una forma di apatia di fronte a ciò che osserva. Inespressivo e quasi annoiato, egli si limita ad ascoltare la voce registrata della guida che tiene incollata all’orecchio. Girovaga confuso per il teatro, prima inghiottito dal labirinto di corridoi, scale e sale, e all’improvviso proiettato in spazi immensi. Quel “livello di emozione dove si incontrano le sensazioni celesti date dalle arti ed i sentimenti appassionati” descritto da Stendhal sembra in questo caso lontano anni luce. Il turista medio comincia a eccitarsi per tali esperienze una volta giunto al book shop del monumento che sta visitando. È lì che spenderà il suo tempo e denaro. È il souvenir e non la realtà il motivo del suo viaggio. È la predilezione del falso davanti al vero.

Gianni Cipriano

3 thoughts on “Le sensazioni celesti

  1. Credo che l’audio debba esser saputa usare, mi spiego: si dovrebbe prima mettersi davanti all’opera d’arte, conoscerla sensibilmente, subirne il fascino o lasciarsi prendere dallo sgomento. Un’opera d’arte in fondo non deve tendere per forza al bello, ma sempre a dei sentimenti. Sentimenti da conoscere con i sensi più che dalla ragione.
    L’audioguida invece razionalizza l’opera, distogliendo il fruitore dalla normale fruizione per un’analisi delle parti, dei colori, etc.
    Bisognerebbe prima lasciarsi coinvolgere dall’arte e poi studiarla per apprezzarla meglio ed essere, se è del caso, critici.

  2. la prima foto rispecchia chiaramente quello che dici, e penso sia la migliore. La simmetria data dalla striscia dei divieti è quella delle limitazioni che un turista deve rispettare, quasi a rappresentare il bisogno di ordine in un luogo che può far riflettere, se ci si applica. Dalla riflessione puù scaturire l’emozione, o meglio è quest’ultima che porta alla prima.

    la tecnologia entra nelle orecchie, s’inerpica nella sfera della riflessione che dovrebbe essere intimista e che invece non è più, filtrata dalle interpretazioni di chissacchì che vorrebbero “guidarti”, rendendoti passivo della spiegazione della suddetta opera. E se hai un quadro davanti che non viene “raccontato”? Facilmente verrebbe oltrepassato senza giusta attenzione.
    Le sensazioni celesti dobbiamo crearcele e tenercele strette. Ormai non riflettiamo più su niente, e la scuola non aiuta di certo su questo campo, tutto si basa su teorie e filosofie e mai che si tenda ad un processo di riflessione propria, perchè tanto c’è il libro che ne parla, c’è l’audio guida di turno a toglierci le fatiche di una speculazione culturale che, se ci pensi, ti farebbe sentire meglio. Uomo attivo.
    Io se proprio devo entrare negli shop, lo faccio per rubarci i souvenir, per puro sfregio.

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