L’aborto figlio del consumismo

Sentire un’autorevole voce su uno dei temi più complessi affrontati negli ultimi tempi  è pur sempre una garanzia di seria e pensata riflessione, anche se non ci si può trovare totalmente d’accordo con il suddetto pensiero espresso. Non sto parlando di una voce proveniente dal mondo politico o religioso, dove l’autorevolezza è soltanto fittizia, un dono preso in dotazione perché hai vinto alle elezioni, o perché fai parte di un’istituzione antichissima voluta dal Supremo.

Pasolini, in un articolo del Corriere della Sera del 1975, pubblicato poi nella raccolta  Scritti Corsari, si schiera contro l’aborto. Ok, non sono d’accordo, ma vediamo i suoi perchè. Innanzitutto la società che gli si profila davanti, viene denominata “consumistico-permissiva”:

“ il consumismo altro non è che una nuova forma totalitaria – in quanto del tutto totalizzante, in quanto alienante fino al limite estremo della degradazione antropologica, o genocidio – e che quindi la sua permissività è falsa: è la maschera della peggiore repressione mai esercitata dal potere sulle masse dei cittadini”

Un orrido paesaggio ci appartiene, dunque, perchè da quarant’anni a questa parte non è che sia cambiato tanto, anzi, possiamo dire, che siamo proprio i figli della società dei consumi e chissà dove si andrà a finire e quale altra degradazione antropologica dovremo sopportare. Si passerebbe, secondo lo scrittore, da un’epoca guidata dalle forze clerico-fasciste, ad un’altra preconsumistica, sotto le mentite spoglie filo fasciste della DC, per poi finire a quella del boom economico, dove l’edonismo più sfrenato permetterebbe l’individuo di essere “uomo moderno” se libero ed appagato. E per fare ciò, deve essere il motore della società, servendola con il suo compito: comprare. Solo che, oltre alla merce dei negozi e dei supermercati, sono stati venduti a prezzi stracciati i sentimenti. Pasolini afferma che l’aborto è, quindi, una delle conseguenze di una società che vuole tutto e subito, disfacendosi delle proprie responsabilità e che non si rende conto delle proprie azioni, che quando vorrà potrà risolvere i propri misfatti a suo piacimento. Ci sono casi specifici in cui, lo scrittore può avere ragione, ce ne sono altri in cui è difficile poter trovare un punto in comune. La donna si troverebbe tragicamente sola, con un figlio non voluto, ma a letto non era sola, dice. Certo. Ma non si possono rovinare le vite di donne non ancora pronte ad essere madri o di figli nati da grembi immaturi. E poi ci sono le questioni finanziarie che non ci può negare nessuno, con o senza crisi economico-mondiale, i figli, è brutto dirlo, costano tantissimo denaro. Che l’aborto sia un diritto nato in periodo di valori inoculati dalla tv, è però un’interessante interpretazione, ma probabilmente oltre all’edonismo, negli anni 70, c’era anche la voglia di un’ indipendenza femminile che passasse anche dall’ utero.

“dire che la vita non è sacra, e che il sentimento è stupido, è fare un immenso favore ai produttori. E del resto è ciò che si dice far piovere sul bagnato. I nuovi italiani non sanno che farsene della sacralità, sono tutti, pragmaticamente se non ancora nella coscienza, modernissimi; e quanto a sentimento, tendono rapidamente a liberarsene”.

Si dice talmente tanto anche oggi, quando si cerca di fare dei discorsi sulla letteratura con gente abituata a guardare i soliti programmi dei talent show; c’è un sicuro senso di modernità quando un programma televisivo che ha trionfato all’estero arriva anche in Italia. Quel modernismo ipocrita che ci rimanda alla citazione sull’epoca di Pasolini. I sentimenti devono rimanere solidi fino alla fine.

L’articolo termina con un’inquietante accostamento tra il mancato rispetto della vita degli abortisti e la legittimazione delle stragi politiche di quegli anni. Ma anche qui, secondo me si stanno alzando troppo i toni, forse come si urlava durante le contestazioni dei Radicali. È una possibilità, penso, per chi non può o  non vuole avere un figlio. Non è semplice per nessuno. Non è quel gioco al quale giocano i maschi, che così possono deresponsabilizzarsi quando vogliono. Penso debba essere un gesto, sofferto e pensato, che non deve avere ripercussioni sul proprio futuro. Non è un omicidio perchè, semplicemente, questi “figli” non hanno visto ancora la luce del mondo.

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