Compenso elezioni, “che fa, me lo offre un caffé?”

di Alessandra Cauchi

Molti palermitani, come molti altri italiani, decidono puntualmente di prestare servizio presso i seggi elettorali come scrutatori, presidenti o segretari di sezione. Si tratta di persone di ogni età e ceto sociale, che scelgono deliberatamente di sacrificare un week end di riposo pur di rimpinguare le ormai sempre più magre entrate.
Stiamo parlando di spiccioli, sia chiaro, soprattutto se rapportati alle ore di lavoro che vengono impiegate.

Per mio conto ho ricoperto per ben due volte (consecutive) l’onorevole carica di presidente.
Tralasciando il fatto che si sa quando si comincia, ma non si sa affatto quando si finisce, ritengo che le responsabilità penali nelle quali si può cadere siano davvero sproporzionate. Con annesse e connesse le conseguenze che possono ledere coloro i quali (come me) sono iscritti ad un qualsiasi albo professionale o abbiano intenzione di partecipare ad un concorso pubblico (come me, appunto).

Ma nonostante queste premesse, mi sono detta “oggi come oggi, tutto fa sostanza!” e ho accettato, anche se il gioco non vale la candela.
E non sono stata la sola a pensarla così: alle ultime elezioni regionali, nel solo Comune di Palermo, sono stati ben 12.000 gli aspiranti scrutatori.

Ma lasciamo stare tutti questi fatti. Andiamo alla parte clou della cosa. Il compenso.
Però prima di raccontarvi la mia esperienza personale, desidero notare come ancora nel 2013, con Internet che domina le nostre vite, ai tempi dell’home banking, la “paga” non venga accreditata telematicamente (come per altro veniva fatto qualche anno fa). No, bisogna aspettare che il Comune di Palermo pubblichi online (quanto meno qualcosa di moderno c’è) le date e le sedi delle banche dove poter ritirare il denaro.
Quindi, in pratica, non solo per quattro soldi uno fa un lavoro che andrebbe pagato a peso d’oro, ma è necessario anche sudare un (altro) po’ per “conquistarsela” questa benedetta ricompensa, lasciando stare il fatto che i lavoratori dovranno chiedere almeno mezza giornata di ferie. Proprio come me, nel caldo agosto del 2012 dopo le elezioni comunali e così come di recente per il pagamento relativo alle regionali che si sono svolte lo scorso ottobre.

L’iter per ritirare il frutto della propria fatica è più o meno lo stesso. Ci si alza all’alba per paura di trovare già diverse persone in attesa davanti la banca preposta al pagamento.
Una volta arrivati in loco, si domanda come funzioni il turno, ovvero se sia fisico oppure se la banca fornisca il numerino da salumiere. Ma la sorpresa sta nel fatto che non troverai niente di tutto questo.
Ma molto, molto meglio.
I tuoi compagni di ventura o una bene informata guardia giurata della banca ti risponderanno: niente numeretti, ma… c’è quel signore (o quella signora, a seconda del caso) che può scrivere il tuo nome in un elenco. Rincuorato, quindi, ti rivolgi a questa persona, che effettivamente ti mette a turno. Tuttavia questa gioia momentanea viene fatta in mille pezzi al suono di questa odiosissima frase: “se poi mi vuole offrire un caffè…”.

L’ultima volta che ho ritirato il mio sudatissimo compenso, ho chiesto di proposito al metronotte della agenzia se la signora lavorasse per caso per la banca. Ma la risposta è stata più che eloquente: “la signora non lavora da nessuna parte, fa volontariato”.
Forse, solo nella prima parte della frase c’era del vero.
Ma quando ti accorgi che il volontario o la volontaria parlano con la guardia giurata dandosi del tu, il quadretto è completo.

A parte rare eccezioni, tutti, una volta usciti con il “premio” in saccoccia, doneranno un euro al “regolatore di fila” che si farà trovare con la manina protesa nell’atto di ricevere il suo di compenso.
Però, mentre attendi, tutti si lamenteranno che non ci sono bigliettini e che il volontario barra regolatore di turno abbia un ordine tutto suo.
Per esempio, potrà capitare che persone mai viste nelle interminabili ore prima siano in pole-position, vale a dire che avranno il placido bene stare dell’uomo-turno per infilarsi zitte zitte tra quelli in procinto di raggiungere lo sportello. Con buona pace di chi aspetta il proprio turno, con santa pazienza, dalle prime luci dell’alba.

Ecco, io vi ho raccontato i fatti così per come sono andati. Ma lasciatemi fare le mie considerazioni, lasciandovi liberi poi di fare le vostre.
In primo luogo, questo sarebbe facilmente risolvibile se il Comune di Palermo tornasse ad accreditare direttamente su conto corrente quanto è dovuto per il servizio svolto.
In secondo luogo, reputo alquanto “sospetto” il fatto che non siano impiegati strumenti per automatizzare il turno in nessuna delle agenzie preposte a espletare questo “servizio” per conto del Comune.
Inoltre, anche se di fatto non sussiste alcuna rilevanza penale nel donare al “volontario” un euro, perché è dato spesso di spontanea volontà, io mi chiedo però come sia possibile che coloro che, per tutto il periodo dei pagamenti, esercitano questa “attività di mettitore a turno” agiscano indisturbati e, per di più, alla luce del sole e anzi certe volte sembra quasi vengano agevolati.

Oltretutto questo avviene in un periodo in cui tutti i cittadini (quelli onesti) sono continuamente vessati da tasse e contro tasse, con le relative pesanti sanzioni derivanti da una seppur piccola inadempienza.
Calcolatrice alla mano, se moltiplichiamo circa un euro a testa per tutte le persone in elenco ogni giorno, per tutto il periodo dei pagamenti (solitamente un mese o poco più), ne verrà fuori che il guadagno – se così possiamo chiamarlo – è tutt’altro che misero, oltre ad essere, manco a dirlo, esentasse.
Poi, è ovvio che “la selezione” di questi dubbi personaggi sia tutt’altro che casuale, poiché, lo sappiamo, a Palermo non è il primo che capita che si può mettere a “gestire” certe somme.

Ma un’altra cosa mi sembra sconfortante più delle altre. E cioè che la quasi totalità dei palermitani davanti a questi episodi – nonostante gli innocui rummulii – accetti a capo chino certe “antiche usanze” e si pieghi ad offrire il caffè a questo genere di personaggi. Alla faccia degli slogan contro il pizzo, che larga parte della cittadinanza fa propri.
Calati juncu ca’ passa la china”, diceva un detto popolare, che Sciascia cita in Nero su nero.

Sono perfettamente consapevole che quanto ho appena raccontato e fatto notare non di certo è lo scoop dell’anno, ma che si tratta anzi di una delle solite e innumerevoli storie scritte sulle pagine di Palermo, piena di parcheggiatori abusivi, posti di lavoro venduti, e così via.
È vero, capita ogni giorno.

Ma questo davvero vuol dire che ciò sia giusto o che questo corrisponda a quella fantomatica “dignità”?

9 thoughts on “Compenso elezioni, “che fa, me lo offre un caffé?”

  1. Non sono d’accordo sul discorso dell’accredito sul conto corrente per il semplice fatto che io ad esempio non l’ho, e come me molti altri. Ma il punto cruciale è che non se ne può più di gente che chiede spavaldamente soldi per un servizio non lecito e non richiesto: sono totalmente d’accordo. Basterebbe il numerino che danno alla Posta e in altri luoghi di front-office, come la segreteria dell’Università…o come altre banche (Monte Paschi di Siena, Unicredit, ecc.). Io ho capito a quale banca ti riferisci tu (o credo di aver capito), è quella alle spalle di via Cavour. La stessa cosa comunque succede al Centro per l’impiego. Posteggiatori e gente come questa creano uno stress insospettabile… Uno si deve sbattere per cercare un posteggio dove non si paga o deve passare dritto davanti a certi “volontari” e sopportare di sentirsi mugugnare dietro qualche “mala parola”. è stress. O stress o soldi che se ne vanno, ovvero stress.

  2. Propongo la mia piccola esperienza che penso rappresenti un esempio parossistico di questa odiosa “usanza”.
    Pochi anni fa (prima e ultima volta che quel terribile luogo vide il mio corpo) mi recai, in orario di apertura, alla sede centrale delle poste di Bagheria. Fuori la folla era già nutrita, stretta tutto intorno al messia locale: il bagarino dei bigliettini numerati. Io osservai un po’ stranito ed entrai dentro, preso il mio bel numerino, guardai il tabellone e qui la scoperta che c’erano nonricordopiùquantecentinaia di persone prima di me. “Ma dove sono?” e “come mai tante? l’ufficio ha aperto le porte davanti a me..” ” che sia la gente fuori?” mi chiesi. Mi sedetti buono buono, fiducioso in un errore della macchinetta e che la stragrande maggioranza dei numeri fossero fantasma. Illuso! ingenuo! La gente, col procedere dei numeri, entrava tranquilla, munita del numero vincente e subito diretta allo sportello che allegramente l’attendeva. Nessun numero fantasma.. D’improvviso feci 2+2 e capii: il bagarino, “autorizzato” da chi di dovere all’interno dell’ufficio postale e da chi di dovere all’esterno (ci siamo capiti.. -_- ) ogni giorno prendeva centinaia di biglietti prima dell’apertura per poi venderli davanti all’ingresso per tutta la mattina. Ma non è tutto: il tizio, dall’alto della sua esperienza da bagarino postale, con arcana preveggenza prendeva il numero quasi esatto di numeri che all’interno dell’orario di apertura sarebbero stati smaltiti dagli sportelli (considerando tutte le variabili del caso quali il giorno della settimana, il momento del mese, le scadenze varie, la posizione degli astri o chissà che altro!), lasciando nessuna possibilità di raggiungere il tanto desiderato sportello a chi – come me – non si fosse servito da lui. Vissi tutto ciò fra l’incredulo e l’isterico incazzato: pur giunto all’apertura vidi chiudere davanti ai miei occhi dopo 5 ore (nel frattempo ero andato via a far altro e poi tornato, almeno) l’ufficio postale.
    Il biasimo maggiore però lo nutro verso me stesso. Avrei dovuto fare 10 metri, andare alla stazione dei carabinieri (peraltro accanto alle poste) e raccontare questa simpatica esperienza. La colpa è mia, accidenti!

  3. Che schifo! Che inciviltà! E ancora più in civile chi se ne serve senza battere ciglio, senza sentire dentro di sè alcun moto di indignazione. Si accetta come si accetta qualsiasi altra cosa. C’è, esiste. Come parcheggiare in doppia fila, nessuno si azzarda a parcheggiare nei parcheggi appositi, perchè stai pur certo che qualcuno piazzerà davanti la sua bella utilitaria e cosa fai allora? Parcheggi in doppia fila pure tu. È un circolo vizioso che non conosce fine.

  4. @Chiara: magari potrebbero dare la possibilità di scegliere la modalità di pagamento, come si faceva prima. In questo modo si sfoltirebbe la folla. Degli episodi al centro per l’impiego mi hanno accennato tante altre persone…mi chiedo ancora come possano le competenti autorità continuare a fare finta di nulla.

  5. Tutto molto fastidioso, senza ombra di dubbio, ma che senso ha lamentarsi sempre di loro se poi puntualmente pagate o evitate di posteggiare in questi luoghi sol perchè li vedete appostati come avvoltoi?
    Nel caso in questione serebbe bastato semplicemente prendere ugualmente il bigliettino dal bagarino infame e all’uscita dall’ufficio, una volta visto l’essere ripugnante con le mani protese verso di noi a mò di questua, salutarlo con un “buongiorno” e tirare dritto.
    Sentirsi dire male parole alle spalle vi dà fastidio?
    e perchè mai?
    Io ci posso rimanere male se una persona che conosco mi offende alle spalle, e non, ma le offese di uno che neanche conosco con cui non ho mai preso “un caffè” insieme per di più persona dai comportamenti illegali cosa volete che mi/vi possa tangere la loro maledizione in diretta?
    Vi minaccia?
    Chiamate le forze dell’ordine, esistono proprio per questo….per metter ordine =)

    Non vi fate intimorire da nessuno altrimenti non lamentatevi se le cose andranno sempre così.
    Il futuro è in mano ai nostri comportamenti attuali.
    Siamo noi che diamo adito a loro di continuare così.

    Pensate se domani tutti quanti indistintamente si rifiutassero di pagare posteggiatori abusivi e affini…oggi, domani, dopodomani…state pur certi che all’indomani del dopodomani tutti questi parassiti umani capirebbero che non è più il caso di mettersi lì davanti a chiedere un caffè e chi lo sa che magari possa giovare anche alla loro salute =)

    Meglio un vetro rotto, una ruota bucato una volta che una vita intera di vessazioni mafiose.

    C’è stata gente come Falcone e Borsellino che ha preferito farsi ammazzare piuttosto che dargliela vinta e noi magari ci preoccupiamo per un possibile vetro rotto?
    Meditate prima di lamentarvi.

    • Chi ha scritto che l’avvoltoio è stato pagato? Io ho parlato dello stress che si genera, non ho detto che per evitare lo stress è meglio pagare.
      Inoltre, la ruota bucata e il vetro rotto: c’è chi se lo può permettere e chi no. E allora, preferisco, personalmente, evitare di posteggiare dove c’è il posteggiatore. Se non posso evitare, poi si vede.

      è vero, bisognerebbe denunciare “le minacce” o qualsiasi altra cosa. Perché anche questa è mafia. Tu hai denunciato come avrebbero fatto Falcone o Borsellino?

  6. Si, fino all’altro giorno ho denunciato un fatto accadutomi la stessa sera.
    Neanch’io potrei permettermi un vetro nuovo al giorno ma so bene che l’unione fà la forza e che fino a quando sarò soltanto io e pochi altri a non pagare mai nessuno e a rischiare risse tutti i giorni per amore della legalità non cambierà mai nulla a Palermo.
    Altro che fare flash mob su i posteggiatori.

    Se eviti di posteggiare dove meglio credi dai forza al loro ruolo di abusivi.

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