di Agata Faraone
La mattina non preannuncia nulla di buono, il mare ha un colore sinistro, mentre salgo nella cittadella dei cipressi con vista panoramica. Sembra quasi un sacrilegio entrare con la macchina, ma in certe occasioni si hanno tristi privilegi. Ad alcuni, cari e dolci sognatori, potrebbe sembrare che la morte sia un luogo immune dalla crisi, ormai più citata di certe farfalline tatuate in zone a traffico limitato, e dalla egemonia moderna della munnizza, che rasenta, per le modalità ispirate e creative, installazioni di arte contemporanea, un po’ come Christo che incellofanava la qualunque. Sappiate che non è proprio così…
Davanti le mura del cimitero regna la tregua, i fiorai in periodi morti come questi (prendiamo atto dell’ossimoro da logica affaristica) espongono un cartello che dichiara: 20 rose 5 euro. Anche se io rose non ne vedo affatto, piuttosto microscopici fiorellini gialli vagamente a forma di rosa.
Non ci casco, e ci mettiamo in fila per entrare. Sì, in fila. Dodici funerali nella stessa mattina. Il party è qui.
Una volta entrati nel labirinto dalla segnaletica pressoché confusa, che pare si entri ma non si esca (ed effettivamente gli utenti principali ben si attengono a queste dinamiche. Ma io, novella Dante, posso permettermi di percorrere il tragitto al contrario e uscire “a riveder le stelle” a un certo punto), oltrepassiamo il limite fruibile, infrangendo il divieto simpaticamente scaricabile in pdf che il 2 novembre ti avvisava di una multa a supplemento del prelievo di sangue che bisogna fare per l’acquisto di un mazzolin di fiori, se avessi voluto recarmi alla cappella di famiglia situata nella zona interdetta. Sempre negli stessi casi speciali di cui sopra si è più privilegiati della polizia che parcheggia in terza fila davanti al bar bloccando il traffico e che ovviamente il caffè neanche deve pagarlo.
Qui però non c’è il caffè, anche se il tempietto crematorio somiglia nell’aspetto e nel rumore proprio a un elettrodomestico, nella sua inquietante solitudine. Non mi stupisce affatto, dopo la visione della dispensa o ripostiglio (il deposito tanto discusso sui giornali quando venne fuori la notizia allarmante della penuria di alloggi che promette la cosiddetta miglior vita) che si nota subito dopo l’ingresso e che lascia un vago senso di disorientamento e assurdità. Giunti alla meta si può comodamente parcheggiare l’auto nelle piazzole appositamente create a ogni gradone del – no no, fermi, fermi.
Bisogna fare una premessa veloce. Esiste, qui in città, una legge implicita che è in un certo modo il perfezionamento dei principi della dinamica, la quale prevede che ad ogni spazio urbano vuoto o perfettibile in tal senso corrisponda un accumulo uguale e contrario di munnizza. Con la ripresa del secondo principio della dinamica per cui “se la forza totale applicata a un punto materiale in stato di quiete è uguale a zero, allora esso resterà inerte”, in parole povere l’Amia non passerà mai di lì. E per cui se a tale corpo in crescita rettilinea non viene applicata una forza, questo continuerà a crescere in tale direzione, e la cosa si spiega da sé. Ora la legge trova applicazione in qualunque angolo del suolo palermitano, senza eccezioni. Avrebbe mai potuto quella piazzola del nostro racconto sopravvivere alla dura legge dell’indifferenziata rettilinea uniforme?
Naturalmente no. E difatti l’auto la si poteva accovacciare vicino ad una montagnola di detriti e materiali edilizi contestuali al luogo, sempre che lo spazio fosse sufficiente. Quello che più mi ha reso cosciente del perché possano esistere tali realtà è stato osservare una donna che dopo aver posizionato i fiori sulla tomba del parente proprio di fronte il monumento funebre alla civilizzazione, invece di indignarsi, ha sceso illesa i gradini della scaletta metallica, togliendomi dal mio stato di apprensione, e ha gettato fiori secchi e recipienti sul cumulo. Un minuto di silenzio.
In preda a queste riflessioni, vengo interrotta dall’arrivo di aitanti operai del cimitero venuti a svolgere operazioni di routine in questi casi. Parcheggiato il trabiccolo minuscolo per metà sulla munnizza, ecco scendere dal lato passeggero un operaio… Sì, forse durante la prima rivoluzione industriale! Certa dell’attesa infinita che costerà la prestanza del suddetto, mi allontano notando pericolose impalcature e una vista sul mare che neanche l’hotel di Dubai a forma di vela, e mi avventuro come sopra accennato alla ricerca di un’uscita.
O lògos delòi (morale della favola): non c’è scampo. Sono lontani i tempi de La morte ti fa bella, oggi forse conviene restare in subaffitto in questa vita, che forse c’è speranza ancora.