L’altra faccia

di Daria Risalvato

Piena di passioni altrui, viaggiata da queste, rubo momenti, espressioni, idee che non mi appartengono, ma che stringo per far mie. Anche se scappano via.

Vedo senza riuscire a creare il mio, senza riuscire ancora a creare il mio. E intanto imparo, e intanto parlo, e intanto scrivo. Mi serve, devo finire di costruirmi. Ogni incontro è un pezzo in più ed io non ho ancora deciso gli infissi, il colore delle pareti, i soprammobili da tenere, quelli a cui cambiar posto, quelli da buttar via (troppo disastrati, non c’è rimedio).

E tutti gli incontri in cui cado mi aiutano a decidere chi essere oggi, magari oggi. 

Ho incontrato un convinto poeta, ingegnere chimico con il desiderio di far saltare tutto in aria, con uno zainetto sulle spalle, con un panino della mensa portato via e le poesie che non vuole leggermi accartocciate in un foglio. Si nasconde dietro una canna fumata a rate e una birra sudata. 

Il solito folle che incontri la sera, il solito deciso ubriaco che ogni lunedì sera si ritrova, ancora una volta, uguale. Eppure imparo, da lui imparo, imparo che dietro la canna a rate, dietro le poesie in rima baciata, dietro De Andrè e Piero Ciampi che non smette di citare, ci sono degli occhi neri, degli occhi neri che si rabbuiano a tratti. La Forst non basta, non è bastata neppure la quarta Forst.

“Faccio volontariato, vado a trovare i bimbi al reparto di oncologia. Ma non do nulla a loro, loro danno tutto a me. Sono puri e sono più coscienti di me”.

Capisco in ritardo che significa che non gli piaceva venissero raccolti i fiori, che morivano cosi.

Fa volontariato lui, in ospedale, per i bambini, perché i genitori non bastano. Due ore al giorno, tre, quelle che capitano, quelle che servono a fare le 120 pieghe del dinosauro di origami. Per farsi dire dalla sua principessa che lui è un cretino, che le pieghe le sta facendo tutte al contrario.

E che posso imparare io che lo guardo e vorrei cambiare argomento, senza avere il coraggio di fermare quelle sue lacrime che sole si fermano già? Imparo che quelle lacrime avrebbero tanto dovuto correre giù serene, sciogliersi sulla pelle di qualcun altro e restare li.

Imparo che si è tanto belli quando non se ne capisce il perché, che non si è forti affatto mentre cerchiamo di convincerci del contrario. Imparo che quell’ingegnere pazzo solo un’ora, due o tre al giorno faceva volontariato, imparo che il volontariato se lo stava portando dietro sempre, insieme a quel panino incartato e a quella poesia rattoppata.

E così stringo, quando capita, le mani di un poeta pazzo che beve e ride, per rubargli un po’ di quel coraggio, che forse gli hanno rubato già.

3 thoughts on “L’altra faccia

  1. Io ho fatto volontariato in diverse strutture. Ad un tratto, quando ho cambiato città, ho incontrato alcuni ragazzi di un’associazione di clown-terapy che operavano a livello locale (Torino) in diverse strutture ospedaliere. Purtroppo non mi hanno per nulla incoraggiato ad offrire il mio tempo:
    -innanzitutto avrei dovuto aspettare 9 mesi affinchè iniziasse il corso obbligatorio che, per motivi di numero, iniziava solo ad ogni inizio anno
    -il corso era a pagamento, durava 1 o 2 weekend (non vorrei sbagliarmi) e costava qualcosa come 400 euro (prendete tutto con le pinze, ma l’ordine di grandezza era questo)
    -mi hanno detto che il corso era necessario, che il costo faceva anche da “filtro”, se uno era interessato lo faceva
    -gli orari/giorni erano poco flessibili, avevi un turno da rispettare e non potevi andare “nei ritagli di tempo”, punto che in parte comprendo, anche i necessari spostamenti nelle diverse strutture erano “scomodi”

    Insomma a me sarebbe piaciuto “donare” il mio tempo “e ricevere i sorrisi dei bimbi” (anche se l’impatto emotivo mi spaventava), ma mi è sembrato veramente difficile e quasi non voluto.

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