Oggi vi racconto la storia di Sir William Thomas Stead, uno tra i più grandi giornalisti anglosassoni di fine Ottocento, pioniere del New Journalism, che morì nel naufragio del Titanic (1912).
La sua storia è alquanto curiosa perché durante la sua carriera da giornalista e scrittore fece due “premonizioni” sull’affondamento del Titanic. Lo so, sembra strano, ma il 22 marzo 1886 pubblicò un articolo titolato “How the Mail Steamer Went Down in Mid-Atlantic, by a Survivor” in cui riportava la vicenda di una collisione tra due navi che causò centinaia di morti per annegamento dovute alla mancanza di scialuppe di salvataggio. Nell’articolo dichiarava “Questo potrebbe accadere, e accadrebbe di sicuro, se le navi di linea salpassero per il mare aperto a corto di scialuppe”.
Beh, come dargli torto?
Nel 1892, inoltre, lo stesso Stead scrive un racconto fittizio intitolato “From the Old World to the New” che parla di una nave, il Majestic, che salva dei naufraghi sopravvissuti all’affondamento di un’altra nave di linea. Quest’ultima era entrata in collisione con un iceberg e solo pochi passeggeri erano riusciti a salvarsi.
Vere e proprie premonizioni, insomma. O forse no?
Riguardo il Titanic, peraltro, un altro scrittore, tale Morgan Robertson, scrive nel 1898 un romanzo intitolato Futility. Il racconto narra di un transatlantico di grosse dimensioni, chiamato Titan, che si scontra con un iceberg e affonda nell’oceano Atlantico. Ci sono tantissime analogie tra la storia fittizia e la storia reale, una fra tutte la scarsità di scialuppe di salvataggio. Oppure il fatto che entrambe le navi fossero ritenute “inaffondabili” e invece naufragano nel loro viaggio inaugurale.
Anche questa una premonizione?
Scarlett Thomas, scrittrice inglese – che adoro e venero – nel suo romanzo Il nostro tragico Universo, parla delle cosiddette “premonizioni culturali“. Non c’è niente di mistico, magico o sovrannaturale in tutto ciò. Si tratta di previsioni basate su fattori culturali e circostanze che la gente può ragionevolmente considerare o indovinare.
Se sei uno scrittore e vuoi scrivere di una nave inaffondabile e vuoi darle un nome, probabilmente ti trovi nella stessa forma mentis di qualcuno che deve dare un nome ad una nave reale. Titano, Titanic: è plausibile che sia il romanziere che la persona che ha dovuto scegliere un nome per la vera nave abbiano seguito un ragionamento simile. La parola “titanic” era già usata frequentemente prima che comparisse la nave, e sempre per indicare qualcosa di grande destinato a soccombere. Byron la usò per riferirsi a Roma prima della sua caduta “sulla salma della città titanica poggiamo i piedi”. E […] quando una barca come quella affonda è perché le autorità, credendo che la nave sia inaffondabile, non prendono precauzioni sufficienti e non istallano abbastanza scialuppe.
Non fa una grinza. Fattori culturali che portano a predire grandi catastrofi. Per cui, quando Mr. William Thomas Stead fu invitato a New York, non ci pensò due volte prima di imbarcarsi sul Titanic! Quando il Titanic colpì l’iceberg si dice che Stead aiutò donne e bambini a salire sulle scialuppe e poi, quando queste si furono allontanate, se ne andò in prima classe, zona fumatori, e si sedette su una poltrona a leggere un libro.
bellissimo, cris! Non conoscevo affatto questa storia, molto affascinante questa storia delle premonizioni, anche se sono d’accordo con la scrittrice: se sei uno scrittore hai abbstanza fantasia da “prevedere” che qualcosa del genere accada. Quasi, quasi, se lo augurava il tipo…o no?
Ahaha La fantasia della gente…