Nutriente

Domenica sono stata con la bellezza dei raggi sui balatoni di via Alloro. Per lei, ho aperto la zip dello zaino e mi sono messa gli occhiali da sole. Era programmato: finalmente ho potuto programmarlo, ma ero basita e lo stesso estasiata, non ci ero più abituata. Allora mi sono seduta ad un tavolino con dei fiori viola e un uomo ritrovato. Poi ho desiderato ancora e ho ordinato, ho festeggiato. Alla cameriera ho chiesto gentile di fare con lentezza: ho avuto un pranzo senza tempo e senza contare gli euro. Finalmente ho pranzato fuori. Mi sono nutrita così… non era solo cibo. Da quanto non mi accadeva con questa spensieratezza?

Pare che adesso qui in Italia sia il compleanno della pandemia: il 9 marzo di un anno fa Conte annunciava il lockdown. Pare ieri, ma di cose ne sono successe, ché anche quando loro smettono di manifestarsi accade qualcosa. E anche quando non accadono cose fuori – come dico sempre ai miei pazienti -, accadono comunque dentro

D’altronde ne abbiamo viste tante, sentite ancora di più. Le più “com-moventi” (ovvero quelle che mi hanno fatto muovere empaticamente insieme agli altri) non sono state quelle venute fuori dai mass media, ma dai racconti di pazienti e amici: quelli dei bambini che a 2 anni hanno paura ad uscire di casa e che a 7 ti chiedono se moriranno; quelli degli adolescenti schiacciati dalla D..A.D. e delle ventenni chiuse in casa coi padri maneschi; quelli delle claustrofobie innescate dal virus, per cui l’online diventa l’unico contatto salvifico con l’altro-ve; quelli delle nonnine operate di cataratta solo da un occhio che – con la sanità al collasso come loro – passano i mesi vedendoci solo a metà e che alla fine, stremate dallo stridore della cosa, preferiscono smettere di guardare il mondo; quelli delle donne nevrotiche che imparano a fermarsi, a riordinare e a pensare, ma che poi cedono al dolore comprandosi l’universo creato per riempirsi; quelli di quei quarantenni che, nel panico, iniziano a chiedersi chi sono e cosa vogliono; quelli di coloro che si guardano allo specchio e che finalmente a 50’anni smettono di dire: “sono una ragazza”; quelli di chi perde il lavoro e va in frantumi perché oltre a questo non ha null’altro, neanche se stesso; quelli che non trovano come gestire il dentro e infrangono ogni regola pur di regolarsi con trasgressioni, con l’andare contro, con opposizioni senza senso che diventano identità; quelli che non ce la fanno, annientati dalla depressione, una di quelle mascherate bene, ma che impiglia e soffoca nelle lacrime interiori. Notizia di questi giorni… non riesco a pensare al suo sorriso bellissimo… Non me lo spiego. Eppure… è andata così.

Mentre fuori ci si accapiglia sul Pil, mentre i governi cadono e sorgono, mentre le follie burocratiche è/e climatiche imperversano e i vaccini ci dividono… dentro la gente ha i maremoti. E l’ordine delle cose si perde, si inverte. Questi sono i veri “invertiti”: i sensi delle cose, quelli veramente importanti. Quelli ontologici, sull’uomo, su chi e cosa è l’uomo, sull’esistente.

Forse dovrei continuare e rafforzare il concetto, perché  forse siamo duri a capire, recidivi, come certe dipendenze. Ancora la lista è lunga e gli scenari della sofferenza infiniti: ancora ci sono quelli che si distruggono di vini e di love bombing per non guardare la morte che gli cammina accanto in forma di tumore, di virus o di mortificazioni; ci sono quelli che hanno bisogno di uccidere una parte di sé per vivere, con dissociazioni mostruose che saltano fuori comunque qua e là; ci sono i traditori di mogli tradite, a loro volta traditi, che fanno di tutto per sentirsi fighi e in realtà non sanno reggere nessun legame; ci sono i rifugi psicosociali tossici: le droghe, gli azzardi, la miseria morale, tutte robe raggiungibili a ogni angolo (niente quarantena per loro); ci sono gli ipocondriaci e gli hikkikomori che sembrano stare meglio, ma anche qui è tutta questione di illusioni; ci sono quelli che usano il cibo e il vomito verbale&non per illudersi di gestire i buchi che hanno NON nello stomaco; ci sono i narcy che spolpano il prossimo per credersi forti e poi senza l’altro che hanno appena massacrato sono piccolipiccolipiccoli, se non nessuno.

E su tutto, c’è il sintomo che mostra il dolore, che sgombera il campo dalla fuffa e che va avanti. Lui, che si muove nell’immobilità verso una potenziale domanda di salvezza. Lui che in mezzo a tutto questo e su tutto questo, ci impone e ci obbliga a chiederci, anche piangendo addolorati, che cosa è davvero nutriente

[nu·tri·èn·te]

AGG.: Ricco di vitamine e proteine, che ha un elevato potere nutritivo, sostanzioso (“cibi n.”).

S.M.: Nel linguaggio scientifico, sostanza nutritiva.

Cosa ci nutre? Cosa ci fa andare avanti in mezzo a tutto questa follia neo-reale, in cui progettare il futuro è divenuto l’unico sogno concessoci, seppur al dichiarato gusto “utopia”?

[nu·trì·re]

TR.: Fornire degli alimenti necessari al sostentamento (“n. i propri figli”)
1. Allattare (“Romolo e Remo furono nutriti da una lupa”)
2. estens. Fornire di sostanze nutritive (“creme che nutrono la pelle”)
3. fig. Arricchire spiritualmente o intellettualmente (“n. la mente con lo studio”).

RIFL.: Assumere cibo, alimentarsi (“n. bene”)

Cosa ci allatta? Cosa ci fa crescere ben “nutricati”, come si dice a Palermo? Cosa ci permette di evolvere, di spicare e spiccare il volo? Qual è per ognuno di noi quel latte materno che sgorga dai seni e riempie bocche e piccole labbra, alimentandole di vita? Quale crema metaforica nutre il nostro viso apatico prima di andare a letto?

Sappiamo chiedercelo?

Perché se del lockdown può restare qualcosa, forse è l’importanza di trovare noi stessi nell’assenza: in quell’assenza apparente di mondo (credo che Amazon sia cresciuto, che – insomma – lui non si sia mai fermato) in cui tutto sommato possiamo desaturarci – a volerlo! – e sentire le domande su noi stessi, sui nostri malesseri, che nascono e crescono dentro di noi per portarci Altrove

“…La dottoressa mi ha chiesto chi sono… Oh, ci sono rimasto alluccuto!”.

Svincolarsi dalle convinzioni
dalle pose e dalle posizioni

Lascio che le cose
mi portino altrove
altrove
altrove

Svincolarsi dalle convinzioni
dalle pose e dalle posizioni

Svincolarsi dalle convinzioni
dalle pose e dalle posizioni”.

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