La zona rossa o possibilità di un lipogramma

Lipogramma in E, di Letizia Lipari

L’hanno raccontata alla radio, la storia: una ragazza ha fatto ogni giorno una cosa nuova, un anno così, giorno dopo giorno. Una cosa tipo la chioma tinta di una tinta strana, un corso di un’attività mai fatta prima, una domanda posta a uno sconosciuto. Poi ci ha scritto su un libro. Poi un sacco di tizi l’hanno imitata. Non una gran fatica, mi dico. Ad attrarmi sono giochi più difficili: posso farlo anch’io, mi dico, ma coi limiti di una zona rossa.

Una cosa nuova, una ogni giorno di zona rossa. Una zona rossa anomala, stavolta. Scribacchio una lista – faccio un po’ di brainstorming – appunti buttati lì – attività fattibili, facili: un piatto africano a pranzo, una cosa fatta a mano donata a qualcuno. Jogging fuori dal mio solito circuito, magari
fuori dalla città.
– So, oggi cosa fai?
– Oggi vado alla Caritas, sai, il posto in cui vanno i bisognosi…
– Il salario già finito, ah? Cosa ti dissi io? Non la prof., fai un altro lavoro, anything
– Susan, silly girl, alla Caritas faccio volontariato.
Ah right, la lista, la cosa nuova… Bah, tu happy, io happy. A scuola, ci vai? O lavori ancora con …what do you call it? Papà?
– No, non papà, dad. Sì, la scuola la faccio in dad. Always.

La dad l’unica cosa sicura. L’ultima volta non in dad i ragazzi mi sono apparsi mastodontici, grossi, molto più rumorosi di prima. Il fracasso mi ha stordita così tanto, continuavo a guardarmi intorno: addo’ stava il tasto off?
– Ora cosa fai con tuoi alunni?
– Ora facciamo il racconto fantasy, Ottaviano Augusto…
– Raccontami qualcosa di cosa hai studiato, ogni tanto. Io amo la poesia, amo molto la poesia nuova, no rima, no bonds, you know. Why should you put limits to your imagination? Stili antichi, stili nuovi. La scrittura-spazio sconfinato? Una cosa abbastanza nuova. Fino all’800 la lirica ha risposto a codici formali molto rigidi. Rima, strofa, ictus. Andando a ritroso, al passato più antico, la narrativa tutta stava infilata a forza in una griglia a maglia fittissima: una data quantità di suoni, un ritmo codificato, una sillaba
lunga qui, una corta là. I troiani muoiono sotto i bastioni di Troia lottando, scannandosi, invocando il dio di turno in una sfilza pianificata di suoni corti o lunghi. Quindi, citando la mia prof., magari hanno usato il cavallo in quanto alla mucca mancava la quantità sillabica giusta.

Si tramanda sia stato il lirico antico Laso, il primo a dar vita a una forma di scrittura ancora più diabolica: il lipogramma, un tipo di brano tutto sprovvisto di un suono vocalico o consonantico stabilito in anticipo. Saltiamo avanti di un po’. Anni ’60, Parigi: un tipo, francofono, stila un romanzo, La disparition, tutto scritto n’utilisant pas un suono vocalico basico. Poi compila un altro romanzo: stavolta utilizza, unico suono vocalico, proprio il suono prima scartato. L’assioma di fondo: il vincolo stimola la fantasia – dico a Susan soffiando sul cappuccino, must di ogni
nostra chiamata.
– Mmm. If you say so. Oggi cosa fai? Cucino il platano fritto. Ho chiamato Jamilah domandando istruzioni, non ci parlavo da quattro anni. Ha avuto un altro bambino, si chiama Kamil: più di quattro chili, alla nascita. Ora fa la corsi di danza africana su Zoom – mi racconta tutto dandomi indicazioni sui platani, raccomandandosi riguardo alla quantità di olio da frittura: tanto, tantissimo. Magari così mi ingrossano i fianchi, sospira, li ho troppo magri.

Strano ‘sto platano fritto mangiato da sola in cucina, tiro su i frutti bisunti, bruniti dall’olio; buoni: buoni quanto i platani provati in Sicilia, tra gli amici africani, la birra, la musica, la folla, la vicinanza.

Quarto giorno: pianto bulbi di tulipano.
Quinto giorno: incontro da Lidl un tipo conosciuto su una app di incontri. Si parla un po’ vicino ai ripiani con la pasta, io vado a caccia di funghi champignon, lui di salsa yoghurt.
Is that all? Non andati a casa sua?
– No Susan, ma quando mai. Ci siamo salutati alla cassa. Ma mi ha scritto di nuovo oggi. Mi ha domandato novità sul mio risotto ai funghi col gorgonzola. La sua salsa yoghurt fa schifo.
Ottavo giorno:
– L’ottavo giorno si fa una cosa io non faccio mai ma tu fai ogni giorno, ok?
– Oh, amazing. Allora fai il mio programma di training. I tuoi fianchi sono troppo grossi.
La “daily run” di Susan, scopro, sono 15 km. Mannaggia.
– Ragazzi, oggi facciamo una cosa nuova, spassosa… si chiama lipogramma… l’assioma di fondo: il vincolo stimola la fantasia!
– Noo, prof.!
– Ma funziona, prof.?
– Mah, intanto noi ci proviamo. Intanto aguzziamo lo spirito, un giorno alla volta.

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