Storyteling – La storia di Raimondi Bennardo Mario, artigiano palermitano

A Palermo c’è un artigiano che per fare il suo dovere non potrà più comprare il pane. Inutile chiedere sempre la carità e disturbare le persone. Oggi mi devo arrendere e sperare di far sopravvivere la mia famiglia. Potete aiutarmi pubblicando di nuovo qualcosa sul vostro sito?”

Con questa richiesta di aiuto, Bennardo ci ricontatta dopo anni dalla nostra collaborazione. Il suo messaggio continua. È forte, trasuda tristezza, poca speranza, molta resa depressiva:

Mi chiamo Raimondi Bennardo Mario. Sono uno scultore di argilla da 47 anni, ho 62 anni, 3 infarti e 4 bypass, ma amo il mio lavoro talmente tanto che sono l’unico in Sicilia che fa ancora vedere dal vivo come si fanno a mano le statuette con l’argilla… un modo (forse il migliore) per valorizzare la nostra arte e cultura… diciamo un mestiere quasi scomparso.
Purtroppo molti anni fa, cercando di ingrandire la mia attività, mi sono ritrovato a lottare con un potere che ancora è radicato nella nostra città e non solo: racket, usura. Ho cercato di resistere, ho detto no alla mafia, ho denunciato… ma nello stesso tempo ho perso casa, negozio, lavoro, parenti, amici, clienti.
Oggi vivo di elemosina, mi metto – se il sacerdote acconsente – anche davanti alle chiese a vendere. Ho tanta la voglia di lavorare, di vendere, di produrre, di trasmettere dei valori che oggi si sono persi… e invece sono qui a raccontare, a chiedere solidarietà, a cercare sempre quella speranza che è l’unica cosa a cui mi aggrappo. 
Nel 2013 ho tentato il suicidio, mi hanno salvato i carabinieri; mi sono pentito del gesto ma oggi posso capire cosa si prova a essere soli e disperati. Spero che chi legge mi possa aiutare anche con una telefonata o con sorriso; oppure, se qualcuno mi vuole per far vedere come si lavora l’argilla, ecco: io sono a disposizione. Il mio desiderio di riscatto è grande. Grazie!”

Dispiaciuti ma anche certi che questa storia già nota ai palermitani forse non muove più le coscienze e non serve neanche più molto a Bennardo (la vittimizzazione secondaria può diventare un’altra gabbia depressiva!), abbiamo pensato di aiutarlo ad uscire dal ruolo di “vittima impotente” e di proporre il suo messaggio in modo nuovo, facendogli delle domande che possano valorizzare il suo lavoro.

– Raccontaci in breve come si fa la ceramica. Cosa è? Che storia ha? Tu come hai iniziato?

Io ho cominciato per bisogno. Volevo fare l’ingegnere, ma mio padre non aveva i soldi per farmi continuare a studiare; così ho iniziato a fare l’apprendista presso una nota fabbrica di ceramica a Palermo, quella di Angela Tripi, famosa ancora oggi come presepista. Era il 1976. Non sapevo fare nulla, ma la magia della ceramica e la passione mi fecero innamorare di questa antica arte. Non facevamo soltanto ceramica, ma anche souvenir, sculture, cose che oggi sono quasi scomparse.

– Che cos’è la ceramica? E perché è un’arte?

La ceramica non è altro che l’argilla cotta due volte perché i colori, che sono degli ossidi, vengono passati dopo la prima cottura e ricotti; così vanno in fusione e diventano lucidi a una temperatura di  circa  960  gradi. Tutto ciò che si crea a mano per me è un’arte!

– Ogni opera d’arte è unica a suo modo. Quali segni distintivi hanno le tue? Come potresti riconoscerle tra tante?

Io creo statuette per presepi o che raffigurano antichi mestieri, statue di santi o di vittime di mafia. Lavoro con una tecnica antica stile napoletano del 1800: faccio lo scheletro in argilla e, come un sarto, poi creo i vestiti, quindi la camicia o i pantaloni per esempio, facendo una sfoglia sottile sottile in argilla e quindi vestendo la statuetta proprio come un sarto. Altro dettaglio: la barba viene fatta in un modo particolare mettendo pezzi di argilla sovrapposti uno sopra l’altro per renderla più reale.

– Altri stili, quindi, sono molti diversi?

Sì, ci sono artisti che plasmano il pezzo di argilla; altri che fanno lo scheletro in terracotta e poi fanno il rivestimento in stoffa.

figurina presepe– Quali sono i soggetti realizzati ai quali sei più  affezionato?

Ho un pezzo unico che se riuscissi a venderlo sarebbe un miracolo. È alto 80 cm, base in legno, fatto interamente a mano in terracotta e stoffa.

– Hai mai realizzato qualcosa che poi non hai voluto vendere per tua scelta?

Sì, dei tavolini per salotti che ho a casa, oppure il famoso cantaro in ceramica.

– Chiedi spesso di poter partecipare gratuitamente a qualche sagra o fiera dell’artigianato. Ti rivolgi dunque direttamente ai consumatori. Cosa rende difficile vendere ai negozi di souvenir o  artigianato?

Purtroppo con l’arrivo dei prodotti industriali il vero artigianato non è più apprezzato e anche vendere dei prodotti a basso costo è difficile. A parte che le istituzioni non fanno nulla per valorizzare la nostra arte o gli antichi mestieri.

– Quanto costa al produttore, quindi a te, realizzare una piccola statuetta ad esempio di  20 centimetri? Facciamo conoscere ai consumatori cosa significa economicamente fare questo lavoro.

Io per esempio una statuetta che vendo circa 70 euro impiego intorno a 4 ore soltanto per farla. Poi si deve indorare, dipingere, etc. Il costo sarebbe circa 50 euro. Calcolando le ore di lavoro il materiale, etc., il mio guadagno è di circa 20 euro. E sono tutti pezzi unici.

– Sarebbe un gran peccato non riuscire a trasmettere la tua passione alle nuove generazioni. Abbiamo alcune idee per te:
1) Hai mai organizzato dei corsi, anche gratuiti, per ragazzi  o  bambini?

Ho presentato vari progetti nelle scuole, ma senza  successo, poi presso fattorie didattiche, villaggi turistici e agriturismi… Ma, forse un po’ per la mia storia, un po’ perché con la mia presenza loro non hanno tanto guadagnato, non è andata bene… Ora villaggi turistici e agriturismi hanno le loro  boutique, quindi se ci vado io creo concorrenza.

2) Si é mai proposto ad associazioni di disabili in cui fare dei laboratori? Nella disabilità, è molto importante rieducare e riabilitare la motricità delle mani! Le piacerebbe?

Sì, ma sono tutti senza soldi; addirittura ancora un’ associazione di queste dopo tre anni mi  deve dei soldi.

3) Vanno anche di moda le esperienze su Airbnb o simili: un artigiano apre il proprio laboratorio ai turisti. Hai mai esplorato questo  percorso?

Da me non viene nessuno. Io ho un piccolo  box, ma senza luce e acqua; mi hanno tagliato la luce…

– Si capisco… poi un problema tira l’altro e limita. Ma forse inserendola in dei progetti seri, con associazioni serie, potrebbero anche darle un luogo in cui svolgere questi corsi. Le piacerebbe?

Si può provare…

Insomma, questa è una CALL TO ACTION!
Con la speranza che questo tentativo possa realizzarsi, magari anche grazie a qualche nostro lettore con idee, spazi e cuore per l’artigianato e la sua tutela. A volte basta poco per ripartire e che non è mai troppo tardi per chi ha voglia di fare, inventiva e passione per ciò che fa!

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