(Ero) Nevrotica

Il 7 agosto, in ferie “appena” da una settimana (ma ancora drogata dallo stress quotidiano), mi agitavo interiormente in aeroporto: smaniosa, con mille pensieri affastellati nella mente a pizzicare neuroni inquieti. Nervosa, anche. Arrabbiata per il lungo ritardo dell’AirCairo e desiderosa di rappresaglie. Preoccupata per le cose che mi aspettavano al ritorno e per la brevità delle vacanze. In avanti con la mente, in corsa – come le vite ultra-moderne -, proiettata ansiosamente nel/sul futuro. Stanca, ma insonne. Vogliosa, ma senza energie per desiderare. Insoddisfatta e conflittuale su ogni mosca, emozione, pensiero, prospettiva. “Questa sono io?”, mi chiedevo giudicante ed anche un puntino disgustata da me stessa…

4 settembre, quasi un mese dopo.
Scrivo dopo essermi osservata in questo mese e mezzo, quasi, di ferie. “Cosa è accaduto?”. Tanto e niente. Ho passato giorni di pieno e giorni di vuoto, contenta dell’equilibrio tra essi. Son partita, ho esplorato il mondo lontano da e nei pressi di me stessa, con esperienze che non ho il tempo e le energie psico-fisiche di concedermi durante il resto dell’anno di tran tran. Mi sento morbida, fluida. In contatto con me. Felice di essere sbadata. Tenera con me stessa per lo più. Coi capelli scompigliati e godereccia del mio viso struccato. Sedici minuti fa mi sono alzata dal mio trespolo – posto sotto la grande costola di Adamo e sopra un divanetto da giardino – ho chiuso il secondo libro dell’estate e mi sono seduta mollemente al pc per scrivere. Ebbene, ho ritrovato addirittura il piacere di leggere.
“Cosa è accaduto?”, torno a chiedere.
“Questa sono io?”; o meglio: “Quale delle due sono io?”.
Non c’è stata nessuna rivoluzione eclatante, ma le piccole rivoluzioni quotidiane sì: quelle lussuosissime del con-cedersi a un tempo e a uno spazio paradisiaco: il mio tempo e il mio spazio. Il mio viaggio. La mia casa. Il mio mare. I miei affetti. Il mondo che vivo e che vorrei.
Cosa ho fatto insomma questo agosto? Direi che ho esplorato, ho so-stato, ho coltivato relazioni amorose.

  • L’esplorazione, passata dal Nilo al battesimo dei fondali marini e della montagna, ha creato un apice di serenità interiore oggi, quando ho sentito come tutto questo mi ha stiracchiato dentro spazi in cui è possibile accorgersi delle cose e scoprire parti di me e del mio mondo. Una esplorazione che apre le orecchie e gli occhi e i sensi tra scorci noti e nuovi-non-pieni, una esplorazione che deriva del vuoto. La vista di Mondello dalla parete rocciosa su cui ero inerpicata e l’angolo stupefacente dello scoglio sotto la torretta Normanna a Pozzillo, entrambi ammirati da dentro il mare: cose che ho sentito belle e vicine al mio interno oggi dopo anni che frequento quei luoghi. Ho pure guardato sott’acqua con la maschera come da infante, perché volevo guardare i pesci intorno a cui vivo e che disturbo col mio corpo, in contemplazione di come loro mi tollerassero ed esplorassero a loro volta, nuotandomi intorno e mordicchiandomi, a volte. Li penso generosi e accoglienti, forse curiosoni ed esploratori anche loro, forse denunciano l’eccesso di pelle morta dei miei piedi facendosene qualcosa. E’ stupefacente sperimentare il piacere dell’acqua limpida, azzurretta e trasparente, il fondale su cui metti i piedi e i pesci che ti assaggiano, lasciando fare.
  • La sosta o la siesta, il dire “NO” all’eterno moto, il fermarsi con serenità. Senza il solito conflitto dettato dal finesettimana che finirà presto e se mi fermo non avrò fatto la relazione, né preparato le fatture, né programmato la lavatrice, né messo a bagno le lenticchie per la settimana, né risolto con la pensione e l’insicurezza, né fatto l’amore, né la doccia, né le pulizie, né la spesa, né l’aperitivo, né la socialità. Il tempo non infernale. Non essere angosciata dal vuoto improduttivo. Non sentire la depressione di fronte al nulla. E invece avvertire, calma, i cambiamenti del cielo e della luce, lo scorrere delle ore che si sente e riesce ad essere lento perché è il tuo tempo interno a concederlo. Lo scorrere dei pomeriggi soddisfatto perché non sei stata assicutata dai tic tac e dei doveri improrogabili o dagli appuntamenti col mondo o dalle scansioni temporali degli altri o dal nevroticismo del tuo personale programmare… Dopo l’Egitto, ci è voluto un po’ per disintossicarmi dai tempi del viaggio di gruppo e dalla droga più recidiva dei ritmi del mondo produttivo, ma ho scoperto che, nella maturità attuale, posso sperimentare appieno il tempo soggettivo: il mio. Non lo sapevo, che posso godermelo, che esiste: non ero sicura. Che non sono Satana se lo desidero. Che non c’è motivo di sentirsi in colpa se lo vivo. E che non avrei avuto crisi di astinenza! Ho vissuto finalmente realizzando ciò in cui credo: che non sono flop, se non sono top (per certi standard). Che dopo un giorno a San Vito, ne volevo uno a casa perché mi piace. Che dopo una cena fuori, volevo cucinare e sistemare e leggere. Che dopo un compleanno e una felicissima escursione in montagna, avevo voglia di raccogliere la mia uva, i miei fichi d’india, di annaffiare il mio giardino e di guardarmi i fiori…
  • Il senso delle ferie sta infine e soprattutto nei legami. Quanta sofferenza nella solitudine! Quanto il mercato NON DEVE lasciarci essere fratelli, perché tra fratelli non ci si vende nulla, semmai si scambia amorevolmente? E quanto è difficile vivere questo amore fatto di gratuità mentre siamo avviliti dalle solite dinamiche esistenziali? Tanto, troppo. Fino a mortificarlo. Ne soffro. …Le ferie non resuscitano gli amori, non fanno miracoli di questo livello. Ma, “autorizzandoti” “ufficialmente” a non lavorare e riportando vicini gli amici emigrati o sequestrati dal lavoro, creano una dimensione spazio-tempo-relazionale che moltiplica le possibilità: lo spazio-tempo per vedere l’altro, quantomeno concretamente; per vivere la relazione con meno competizione e senza la ricerca di un vantaggio immediato; per cedere parti di sé e del proprio spazio-tempo agli amici senza viverlo come un dovere da inserire nel menu settimanale; per recuperare una certa tribalità, complicità gruppale, capacità creativa ed esplorativa sollecitata e sostenuta dall’essere insieme, compagni di squadra, di pene, di traguardi e di divertimento al matrimonio di Andrea, sott’acqua, in barca, a casa mia e tua; per vivere l’affetto semplice di essere se stessi in mezzo agli altri, senza essere spinti a “compiacere” per avere più fan, e invece certi che si può stare insieme “piacendosi” (M. Murgia).

Insomma, non c’è stata nessuna rivoluzione eclatante, ma questa cos’è?
Soprattutto, ripeto: “quale delle due allora sono io?”
Entrambe, ok, ma in che senso?
Credo esista un IMPERSONALE che ti possiede. Sì: come un demone, ma la guarigione non è questione di esorcismi. E’ questione che nel solito trend, nella solita cultura, nei soliti diktat oramai dati per giusti e scontati dall’ordine mondiale, ci perdiamo parti di una soggettività più ariosa (o forse non la troviamo mai), alienandoci su una nevroticità costante che ci rende la parte peggiore, più cupa, sola, ansiosa, satura e frenetica di noi stessi.

…E adesso che sto per rientrare a lavoro, mi chiedo come accontentarmi di trovarmi solo durante le “ferie” “comandate” (…da chi?).

2 thoughts on “(Ero) Nevrotica

    • Ci credi che é da giorno che penso alla parola “amen” di questo tuo commento?
      Recupero dai ricordi del catechismo che “amen” sta per “così sia”… E mi dico rivoltosa che NO: non va bene che sia così, che accettiamo passivamente e AMEN-a-Mente. Bisogna ricominciare a lottare… Non con le armi, no. Ma con l’incontro, il dialogo, il cambiamento culturale graduale, la presa chiara e condivisa di coscienza di ciò che questa cultura ci sta facendo!

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