Le vite degli altri*

Inizio raccontandovi una storia.
Una donna parte da Palermo, direzione S. Giovanni Rotondo, clinica Casa Sollievo della Sofferenza; deve fare delle analisi e le hanno consigliato di andare lì, giacché si ritiene (nei miti cristiano-popolari) che nella famosissima clinica di Padre Pio il Santissimo Barbuto consentirà ai suoi Santissimi Medici (“santissimi” per necessaria traslazione operata dallo Spirito Santo) di essere superbravi e ipercompetenti.
Puta caso che al reparto ematologia non abbiano quei necessari aggeggini per chi ha problemi respiratori, né tantomeno dei condizionatori nella piena estate pugliese.
Puta inoltre caso che la Tac decidano di farla per come gira il Sacro Umore all’addetto di turno, anche se nel referto della donna c’è scritto a lettere cubitali che va fatta senza mezzo di contrasto perché la paziente soffre di cuore (il mezzo di contrasto è controindicato per questi casi; che scoperta per un medico che studia per 6 anni e si specializza per altri 4!).
Puta infine caso che il reparto, essendo un divino prolungamento della Santità del Beato Pio da Pietrelcina, sia preso d’assalto dagli ammalati, e che quindi i suddetti Santissimi Medici abbiano il prurito economico di dimettere più in fretta possibile (più prestazioni mediche = più soldini anche nelle Terre della Santità, eh!).
Ora. Quello che io vorrei chiedere a tutti i medici del mondo è: okkei, ti senti ‘sperto. Ma se una paziente ti dice “dottore sto male, per favore non mi dimettete, perché mi sento male”… tu cosa fai? Io, da paziente potenziale, mi sentirei tutelata laddove non mi prendessero a priori per pazza ipocondriaca, ma si accertassero quantomeno se sto o non sto delirando; sì insomma: se da bravi medici si accertassero delle mie condizioni di salute.
E invece no! La donna viene dimessa, e va in albergo. Stranamente alle 22 riceve “per scrupolo di coscienza” una visita del primario che l’aveva cacciata dal “suo” reparto. Lui la controlla e va via, perplesso, ma va via. Dopo 3 ore la donna è su un’ambulanza, torna all’ospedale, o meglio: ci torna il suo corpo. Arresto cardiaco.
Non si saprà mai cosa è accaduto. Dopo mesi, sbucherà una cartella clinica contraffatta, priva di fogli e di consensi informati, priva di risultati di esami e perfino priva di cause del decesso. Dopo anni arriva ai parenti una proposta di congruo risarcimento dall’assicurazione della Casa Sollievo della Sofferenza… A patto però che nessuno sporga denuncia penale. Giacché i S.S. Medici devono proteggere la loro aureola di perfezione e l’autorevolezza guaritrice dei miliardi di statuette, di rosari e di offertori posizionati negli angoli del loro ospedale, di modo che esso continui a risultare fichissimo agli occhi dei ammalati cristianeggianti.
I parenti accetteranno, perché di fronte alle loro diffidenze avvocati e conoscenti li hanno rassicurati sul fatto che NESSUN MEDICO di solito viene condannato penalmente, né è realmente rimosso dal suo incarico.
Anzi! Corre voce che qui in Sicilia un medico che abbia reso sordo un paziente con una semplice otite sia stato sì rimosso dal suo incarico… per poi essere promosso a primario. Immaginate quanti e quanti casi più gravi, di veri e propri omicidi, ci sono dietro! Eccovene uno caldo caldo in audio-intercettazione.

Ovviamente, queste sono storie isolate, tra le tante di malasanità italiana; storie di quelle che non avranno mai conseguenze per chi ha ucciso, ma che ne hanno già avute e ne avranno ancora per chi ha perso qualcuno o qualcosa in modi così stupidi, a-scientifici, inumani.
Storie di camici bianchi senza scrupoli (se non quelli portfoliari) e di gente malata che soffre e desidera star meglio. Non è effettivamente un affare?!

E noi? Noi cittadini siamo stupidi, cornuti e mazziati**. Stupidi, perché trattati come tali. Cornuti, perché nella nostra ingenuità e ignoranza ci aspettiamo di trovare medici e paramedici attenti, disponibili e preparati cui affidarci. Mazziati, perché ci aspettiamo di essere curati, di entrare malati ed uscire sani da un ospedale. E invece ne usciamo più danneggiati che altro, più presi in giro che altro, più poveri che altro. Sicuramente più poveri di quei carnezzieri, agricoltori, papponi… che si fanno troppo spesso chiamare “Dottore“.

Sono milioni in Italia i casi di danni irreparabili che potevano essere evitati.
Nel 2009-2010 si contano “242 episodi di presunta malasanità, di cui 163 hanno fatto registrare la morte del paziente. O per errore diretto del personale medico e sanitario, o per disservizi o carenze strutturali“ (Corriere della Sera, 27 ottobre 2010).

Rabbrividisco.
Perché sarà vero che anche il medico può errare in quanto essere umano; ma non blandite noi “comuni mortali” col denaro per coprire questo e quello scempio, non blanditeci con la storia che l’errore umano è previsto, perché se questo è vero, l’errare humanum est diventa un gioco sporco quando gli errori diventano tanti, quando chi erra riceve promozioni e stipendi onerosi… Mentre calpesta i vari giuramenti di Ippocrate, i diritti del malato, i diritti alla vita e alla morte volontarie.
I media del periodo sollazzano la pubblica paranoia parlando di 1 caso ogni 2 giorni, dicendo che non è un Sud per malati, con Calabria e Sicilia ai primi posti di questo podio, seguite da Campania, Lazio e Puglia. Ci aizzano, millantando singole scoperte di garze nelle pance, di neonato morti, di danni biologici ed esistenziali, di cliniche degli orrori, di traffici di trapianti… reati che poi restano spesso impuniti o che scorticano solo la superficie di un sistema sanitario inquinato.
Allora assume un qualche significato in questo fiume di merda ospedaliera il fatto che oggi è accaduto qualcosa di concreto, una goccia nell’oceano della medicina e del pubblico assistenzialismo: “15 anni e 6 mesi all’ex primario di Chirurgia toracica della clinica Santa Rita di Milano” (La Repubblica-Milano). Il benemerito e i suoi collaboratori (per fortuna una volta tanto interdetti dalla professione… appena per 5 anni!)

“avrebbero eseguito 83 interventi nella migliore delle ipotesi completamente inutili, effettuando decorticazioni e sezioni, soprattutto di polmoni e mammelle, unicamente per chiedere il massimo dei rimborsi. […] Tutto, ipotizzano i pm, per rimpolpare le buste paga, che da 1.700 euro al mese potevano lievitare fino a 27mila euro, in totale mancanza di ogni considerazione per il paziente e per la sua sofferenza”.

Insomma, una rara fuga di notizie su individui che, invece di prestare aiuto, infliggevano sofferenze gratuite.
Purtroppo, tutto a questo mondo è ormai opinabile, cosicchè colui che si è auto-definito “l’Arsenio Lupin della chirurgia” – lungi dall’essere mortificato per un operato degno di un serial killer – adesso ricorrerà in Appello ed in Cassazione; che Dio (se esiste) ce la mandi buona e che B. lasci almeno lui in galera.
Brega Massone, però, almeno una cosa azzeccata l’ha detta: “Sono il capro espiatorio di una situazione più ampia”. Sarà anche vero, e sarebbe bello scoperchiare il calderone, unire tutti i puntini neri in un unico puzzle terapeutico.
Nell’attesa (utopica?), noi ci prendiamo la piccola soddisfazione che almeno uno fra i tanti “carnezzieri de noantri” smetterà per un po’ di deturpare “le vite degli altri“.

* Titolo di un pluripremiato film in cui si mostra con crudezza come gli ufficiali della Stasi distruggessero spesso e solo per i loro meri scopi le vite dei cittadini della Repubblica Democratica Tedesca.

** Sicilianismo per “oltre al danno la beffa”, nel senso che non solo si è stati traditi, ma si è subito anche qualche altro danno.

4 thoughts on “Le vite degli altri*

  1. E’ una drammatica storia reale.
    E’ l’inferno in terra che siamo costretti a vivere.
    E’ l’inganno che ci hanno propinato.
    Capisco gli errori che possono accadere, una volta ho visto delle interviste in cui i medici denunciavano la pressione con la quale sono costretti a lavorare.
    Ma infatti..
    qui, come in altri casi, siamo di fronte, non a errori di valutazione, ma proprio a gravi noncuranze frutto di ignoranza e scarsa sensibilità per il prossimo. E poi tutti, quando si parla di effettuare un aborto, sono obiettori di coscienza.
    I medici dovrebbero ergersi a martiri della salute del proprio vicino di sedia, invece di pensare a come sbarazzarsi di chi sta chiedendo loro un piccolo aiuto per vivere meglio.

    • A volte più che di mancanza d’attenzione, noncuranza o qualsiasi altra cosa presupponga una certa distrazione, si tratta proprio di qualcosa di volontario, di consapevole… come nel caso della clinica Santa Rita. Schifo è l’unica parola che mi viene in mente a riguardo.

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