Do teachers dream of electric blackboards?

Finalmente è tutto chiaro. L’intento finale, il dispiegamento di forze per arrivare all’attuazione del progetto, i mezzi principali che si useranno. Lo avevamo capito da tempo, ma l’idea era ancora generica, e adesso è precisa. Da una prospettiva macro, eccoci scagliati nel dettaglio, nel micropunto in cui tutto quadra. Sto parlando dell’evidente tentativo di censurare, controllare, reprimere e boicottare il pensiero culturale in questo nostro amato/odiato Paese.

È tutto dentro la riforma, ma allo stesso tempo è tutto fuori dalla riforma. Da un testo, da un’insieme di norme scritte su un pezzo di carta, lentamente prende forma una realtà che non ci saremmo immaginati nemmeno nei nostri incubi peggiori.

Inizia tutto con una riforma che taglia i fondi all’istruzione pubblica, finanziando la privata. Prima conseguenza: licenziamenti, blocco delle graduatorie, fine della speranza di mettere su famiglia di una serie di giovani leve, che tutta la gioventù avevano speso a studiare per, un giorno, far studiare altri come loro. Seconda conseguenza: degrado materiale delle scuole e delle università, fine della carta per le stampanti, fine del sapone nei bagni, impossibilità di portare avanti la ricerca, perché non solo i ricercatori non possono essere pagati, ma gli strumenti di ricerca non si possono acquistare. Fine, inoltre, del diritto allo studio, dato che borse di studio e finanziamenti per le famiglie meno agiate vengono dimezzati. Pensavamo fosse tutto qui, ed era già un panorama apocalittico, di devastazione di quel patrimonio il cui valore non è quantificabile in cifre, il patrimonio culturale.

Ma ecco cosa ci è sfuggito: nell’articolo 5 della suddetta riforma viene decretato il blocco delle adozioni dei libri di testo a cinque anni per le elementari e a sei per medie e superiori, blocco motivato da una genuina volontà di far risparmiare le famiglie sull’acquisto dei libri di testo. Inoltre, con l’articolo 15 della legge n. 133 del 6 agosto 2008, si decreta che a partire dall’anno scolastico 2011/2012, gli insegnanti della scuola pubblica potranno adottare soltanto libri “utilizzabili nelle versioni on line scaricabili da internet o mista”.
Se state pensando che in fondo sono due provvedimenti niente male, per il bene dell’economia delle famiglie, e per la tanto attesa evoluzione tecnologica dei sistemi didattici, sappiate che, come sempre, non è tutto oro quello che luccica. Anche gli specchietti per le allodole fanno un gran luccichìo.

Il blocco delle adozioni ha come prima conseguenza il blocco della produzione di testi scolastici a cicli di 5-6 anni, periodi devastanti per i gruppi editoriali che si occupano esclusivamente di testi didattici, che sarebbero (saranno?) costretti a tirare la cinghia, licenziare, tagliare, e alla fine, chiudere. Le uniche a sopravvivere, per ovvi motivi, saranno le case editrici che si occupano di molti settori oltre a quello scolastico, che potrebbero reggere all’impatto economico del blocco ciclico grazie agli altri introiti. I gruppi di questo genere, operanti in Italia, sono 4: Pearson, Rcs, Mondadori e De Agostini. Inutile dirvi a chi fanno capo, direttamente o indirettamente, questi quattro gruppi. Risultato finale? Morte dell’editoria scolastica “pura” e del pluralismo di idee anche in questo campo, con la conseguente introduzione di libri unici, atti a formare coscienze uniche.

Se ciò non bastasse, ci aggiungiamo questa nuova mania del digitale a tutti i costi, sempre celato dalla volontà di far risparmiare la gente (i contenuti online sono meno dispendiosi) e portare finalmente innovazione nella scuola italiana (tramite strumenti digitali, tra cui le LIM, lavagne interattive elettroniche, che mostrano contenuti come fossero pagine del libro di testo). A ben guardare, però, quelli che vorrebbero essere principi etici, nascondono l’ennesimo inganno di questa fantomatica riforma scolastica: credono davvero che nelle scuole in cui manca la carta igienica ci siano computer sufficienti a tutta la popolazione degli studenti? Inoltre, non si tiene conto del fatto che meno del 40% della popolazione italiana possiede un computer, e che la stampa di centinaia di pagine, da eventualmente rilegare, costerebbe più di un normale libro di testo. Siamo davvero sicuri che gli intenti di questi provvedimenti siano positivi? Non sarebbe meglio mediare tra le due forme didattiche, quella tradizionale e quella innovativa, e non fare, come sempre, questi passi troppo lunghi, su un terreno che è evidentemente incerto e accidendato?

A conferma della mia perplessità, una denuncia dell’ANARPE, sottoposta al Parlamento Italiano da Alessandra Siragusa, del Pd: secondo la parlamentare, e secondo l’Associazione Nazionale agenti e rappresentanti editoriali, al blocco delle adozioni, e al tentativo di diffondere le nuove tecnologie didattiche, corrisponde un tentativo, documentato e oggetto della denuncia, da parte di alcuni dei gruppi editoriali maggiori, di accaparrarsi l’adozione dei propri testi scolastici in cambio di donazioni e comodati d’uso di lavagne interattive, I-pad e I-phone per i dirigenti scolastici, e altri “gadget” usati come moneta di uno scambio che non ha niente di legale.

Ecco che tutto quadra: tagliano i fondi, screditano la scuola pubblica, impediscono il ricambio degli insegnanti, uccidono le case editrici non allineate, controllano il contenuto dei libri e, ciliegina sulla torta, l’operato degli insegnanti, tramite strumenti che propongono contenuti preconfezionati unici alle classi delle scuole pubbliche di tutta Italia. Immaginatelo, adesso, questo futuro niente affatto distante, di menti assopite da un monitor che parla, e dice sempre la stessa cosa: dormi.

3 thoughts on “Do teachers dream of electric blackboards?

  1. sono scioccata, a parte il fatto che il maneggiare un libro, sottolinearlo, giocarci, scriverci su note e altre cose, fa parte del modo in cui siam stati abituati a studiare. Io personalmente, non riuscirei mai ad abituarmi a studiare da uno schermo (mi si fotterebbe la vista ancor di più), ma sopratutto verrebbe meno un’intero sistema editoriale, che come hai giustamente scritto tu, vive della produzione di libri scolastici. Davvero la Gelmini vuol darci a intendere che lo fa per le tasche degli italiani? mettiamo che io nn possiedo un pc e che quindi mia figlia/o non può per questo studiare…che s fa? faccio debiti per poter comprare un pc? per cosa? per risparmiare su un spesa dilazionata in cinque anni? che vaccata assurda.

  2. Fare un passo troppo lungo in modo da avere poi una buona scusante dell’essere caduti e rimasti immobili per terra è tipicamente italiano.
    E’ fin troppo evidente che è troppo complicato per la maggioranza dell’utenza di una scuola elementare scaricare e stampare 500 pagine di libro, poi la storia delle lavagne è fantascienza! non so alle elementari ma all’università mancano i gessetti per le lavagne tradizionali.

    Detto questo la storia degli ebook è interessante… è effettivamente un’innovazione, sarebbero decisamente utili nell’ambiente universitario (@rosita: non è come leggere da schermo) dove hai a che fare con libri che usi per 3 mesi e poi li seppellisci, o dove devi leggere documentazione varia che non sai nemmeno se vale la pena di stampare.

    Ma è assolutamente inapplicabile per le scuole elementari! intanto perché costa ancora troppo e poi perché, specialmente per un bambino, un libro a colori che puoi sottolineare e maltrattare infilandolo nello zaino e piegandolo e sbattendolo non può essere sostituito da un costosissimo pad a 24 gradazioni di grigio con uno schermo grande come un foglio A5 quando va bene e che se cade per terra si rompe e che se lo tratti male si rovina e diventa illeggibile (touch screen+bambino=male), e per costosissimo intendo 500 euro per uno attualmente decente.

    E’ fin troppo chiaro che lo vedono anche loro che è inapplicabile, che è una legge studiata per limitare e immobilizzare il 90% delle scuole pubbliche!

    ma poi parlano di scaricabile… che non implica “gratuitamente scaricabile”! perché un libro di testo non è una cosa facile da scrivere in maniera distribuita. una cosa facile da scrivere è wikipedia dove ognuno scrive un suo pezzo svincolato dal resto ( qualcuno di voi ha mai letto la cattedrale e il bazar?) ma nessuno scriverà mai gratuitamente un libro di testo!

    PS:
    @Manuela bell’articolo :)

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