Dei delitti e dei voyeurs

1888. Londra è terrorizzata dal primo serial killer ufficiale della storia: il famigerato Jack lo squartatore.
Nel tempo, diversi “proseliti” seguirono il suo esempio; tra i più noti Jeffrey Dahmer, che prima di essere catturato compì 16 omicidi e che al momento del suo arresto teneva in casa 9 teste mozzate e parti del corpo di diversi individui; Andrej R. Chikatilo, professore di letteratura russa, che violentò, uccise e mangiò 53 tra uomini, donne e bambini; Ted Bundy, che sceglieva giovani donne bianche, quasi sempre con i capelli mori e la riga in mezzo, perché somigliavano alla sua fidanzata; Ed Gein (che ha ispirato il film “Il silenzio degli innocenti”), che staccava la pelle ai cadaveri delle sue vittime e ne faceva maschere, borse e scarpe perché desiderava diventare una donna come sua madre; Peter Kuerten, il “vampiro di Düsseldorf”, che succhiava loro il sangue; Coral Eugene Watts, che uccideva solo la domenica mattina prima di andare in chiesa, e Richard Ramirez, che lo faceva cantando. E ancora Charles Manson, Hitler, Stalin, Novi Ligure, la mamma di Cogne, Mafia-Andrangheta-Camorra-SacraCoronaUnita, la banda della Maiana o della uno bianca, le Brigate Rosse e Cesare Battisti, il caso Scazzi della piccola Sara e dello zio Michele, l’odierno pirata della strada pluriomicida, la Costa Concordia. 

Ogni telegiornale ci informa di continue vittime e di efferati delitti.
Moltissimi film li “ritraggono”.
E tutti noi ne siamo attratti, seppur con sdegno e sgomento.
L’immagine dell’omicidio ha evocato da sempre un misto di paura e insieme di inquietante fascino nell’uomo. Basti pensare alla dimensione istituzionalizzato-circense dell’omicidio, messa in atto quotidie negli scontri tra gladiatori nel Colosseo della Roma imperiale, ai raffinati e truculenti sistemi di tortura congegnati nel Medioevo dall’Inquisizione spagnola o nel Rinascimento nell’Inghilterra di Enrico VIII, fino ad arrivare al successo dei romanzi gialli a partire dalla metà dell’800 con racconti su assassinii e morti misteriose.

Sul “sangue” e sulla “morte” l’attenzione popolare e mediatica è sempre stata alle stelle.
Le persone, l’uomo medio, sono morbosi, curiosi, avidi di particolari cruenti; “loro” ci tengono incollati al canale o al sito internet di turno. Ma cosa sublimiamo e insceniamo in quei momenti? Siamo solo spettatori o molto di più? Come mai individui irresponsabili, abietti, spietati, egocentrici Schettini vari, Mostri di qua e di là esercitano tanto fascino e potere sull’immaginazione e sull’interesse collettivi?
È semplice quanto inquietante: “perché il male è seducente. […] Dalla cattiveria moderata alla depravazione criminale, il compimento di azioni malvagie è qualcosa di cui la popolazione vuole sapere” (Weber); ed è per questo che anche personificazioni del male prive di rimorso come i criminali psicopatici dalla lunga carriera omicidiaria hanno un posto così stabile nelle coscienze delle persone. C’è qualcosa che è dentro di loro che è anche in noi e siamo attratti da loro perché vorremmo scoprire cosa sia o goderne.
Nulla di più facile da fare “recitando” il ruolo di comodo spettatore: identificarsi come chi realizza la fantasia universale di vivere senza alcun controllo interno ed esterno, di fare tutto ciò che si desidera, di seguire i propri sollazzi sfrontatamente, senza freni inibitori, di prendersi tutto ciò che si vuole con sorrisi beffardi dipinti sul volto senza mai essere attanagliati da “stupide” (quanto adattive) insicurezze, colpe, vergogne. Anche se questi sollazzi sfrontati hanno a che fare con truffe, omicidi, addirittura plurimi, violenze, stupri, furti, frodi; anche se questi sollazzi sfrontati possono avere luogo solo considerando l’altro un burattino da utilizzare per le nostre personali e più immediate godurie, al prezzo di renderli res sine anima: oggetti inerti, utili solo per i nostri fini.
…Non piacerebbe a tutti, quantomeno ogni tanto, non doversi preoccupare dell’altro? Del suo giudizio? Delle conseguenze di ciò che facciamo? Delle voci dell’opinione pubblica? Della società e del mos maiorum? Dei “cortigli” del condominio o delle suocere?
Sì, sì e sì. Ci piacerebbe; a tutti.
Ma non lo sappiamo fare veramente perché siamo fisiologicamente e (se siamo fortunati) benignamente adattati a una cultura, a una società, a una serie di norme, di valori esteri e intrapsichici che regolano la vita in comune e la nostra coscienza intrapsichica.
E allora come non apprezzare immaginifiche valvole di sfogo (d’altronde offerteci su un telecomando d’argento)? E come non invidiare molto in fondo, nell’angolo più invisibile del nostro inconscio, quei cavalli sciolti che non possiedono queste briglie socio-mentali?

Così, ecco che “semplici” tg, film e telefilm sanguinogeni che vanno in loop nelle nostre cucine si trasformano inconsapevolmente in piattaforme identificatorie che portano lo spettatore da un livello di curiosità casuale a un atto di voyeurismo emotivamente carico, che permette a individui “normali” di scivolare con facilità nel piacere vicario del voyeur.
Ad esempio, uno speciale di Vespa su Cogne o un film come Il silenzio degli innocenti o Misery non deve morire: lo schermo in quanto tale e una stanza semi-buia attenuano il nostro consapevole mondo morale e ci permettono di concentrarci su un altro stato interiore non dominato dalle limitazioni del Super-Io, ovvero della nostra coscienza; così, paradossalmente, non stiamo più solo guardando e ascoltando la tv: stiamo godendo liberamente, seppur parzialmente, di un piacere aggressivo.
Aggiungete a questo livello regressivo che a sollecitare l’interesse del pubblico c’è l’innocenza della vittima, di solito debole e indifesa. Anche in quell’innocenza ci s’identifica tutti.
Ed è questa doppia, soddisfacente, identificazione bene/male, vittima/carnefice che ci tiene morbosamente appiccicati a certi schermi e a certe letture, ai dettagli della vita dell’assassino, ai particolari sanguinolenti.
È lì che Porta a porta può andare in onda e, accordandosi amorevolmente coi nostri istinti aggressivi, annoverare milioni di telespettatori nonostante tutti i nei di Bruno Vespa e le sue innumerevoli, mediocri, gaffes.

…D’altronde, che il mistero e il fascino degli omicidi fosse sfruttabile era scontato.
Ad oggi, non può più neanche stupire il sereno cinismo impiegato ad alimentare il mito dei “divi del male” anche da parte di individui o riviste all’apparenza alieni da morbosità.
Il prossimo passo è però capire è cosa ci guadagna ognuno di noi a guardare compulsivamente la Costa Concordia affondare ogni giorno di più, sperando al contempo (senza confessarlo neanche a noi stessi) di vedere un corpo galleggiare in acque salmastre.

2 thoughts on “Dei delitti e dei voyeurs

  1. Il male ci affascina e ci fa paura, come il buio, l’ignoto e l’altro. La morbosità voyeuristica sugli ultimi casi di cronaca italiana “irrisolti” mi sdegna, e mi fa paura.

    Una lista dei serial killer in ordine di vittime:
    http://it.wikipedia.org/wiki/Lista_di_assassini_seriali_per_numero_di_vittime

    Ho visto il film su Ted Bundy, la serie sul Mostro di Firenze, il commovente film sull’ angelo “Dottor Morte”. Ognuno di questi film, tutti ben fatti, racconta storie vere dai forti risvolti psicologici. Si rimane sconvolti, si cerca su internet se è davvero andata così. Sembra incredibile, da film appunto, ma la realtà supera la finzione. I “cattivi” la fanno franca e i “giusti” vengono condannati, solo la storia gli darà ragione.

    Eppure nei giochi di ruolo, nei giochi al PC, quando si può scegliere da che parte stare, nonostante le mie iniziali “cattive intenzioni” <>, non ci riesco proprio a fare il cattivo. Questa valvola di sfogo non funziona, nonostante l’attrazione che avrei nel provare un “ruolo” diverso.

  2. Pingback: Foffo, Marco, Luca e noi.Abattoir | Abattoir

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