La Via del Grano

di Toni Renda

1265767_570397373022723_559216932_oLa Via del Grano. Il nome che un cinquantennio fa avrebbe denotato qualcosa e nel presente lo fa come nome del progetto che alcuni ragazzi di Paternò si sono promessi. Una strada che percorre parte dei territori della Valle del Simeto. Cosa c’è di più bello e semplice? Una strada e una terra coltivata sono cose semplicissime da realizzare; in un paese con una forte vocazione agricola e artigianale è una costante e, come dice lo stesso termine, una costante è ciò che si ripresenta, cioè posto A si pone anche B; in un paese caratterizzato da un paesaggio naturalistico, che pittori a cui ha dato i natali hanno tradotto in fantastiche rappresentazioni; cosa può essere più logico che preservarle e valorizzarle?

Caro lettore, adesso ti starai chiedendo il perché stia io scrivendo di normalità e logicità. Di ciò che è scontato non se ne parla affatto, non si parla del perché 2+2 faccia come somma 4, oppure del perché una negazione stia a indicare un divieto. Quindi, perché parlarne? Cosa – ti starai chiedendo – mi spinge a parlarne? Amico mio, te ne racconterò la storia.

La Valle del Simeto, che prende il nome dal fiume che taglia la terra dividendola in due sponde opposte, qualche anno addietro ha prestato le sue colline ad un’accesa discussione, questa ha avuto come tema centrale la costruzione di un inceneritore, che ad oggi fortunatamente non ha visto la sua realizzazione. Anche se, forse, la storia dovrebbe prendere inizio dalla costituzione dell’oasi del Simeto, stesso territorio in cui si voleva\vorrebbe innalzare il tempio all’anacronismo; ma la narrazione di cui mi accingo a scriverti, amico lettore, come nei romanzi noir, avrà inizio dalla fine, dagli ultimi accadimenti.

Una discarica sulle sponde del fiume dell’oasi “protetta” – è pleonastico che aggiunga l’aggettivo abusiva – adorna l’entrata di Ponte Barca. La moda malsana di questi giovani che immaginano un paesaggio differente, che immaginano le colline circostanti non più abbandonate, ma coltivate biologicamente in modo da restituire ai propri concittadini un prodotto genuino, dicevo, questa moda malsana, ha portato alla pulizia parziale dell’area nel giorno di domenica 29 settembre 2013. Emanuele, Alessandro, Mari, Barbara, Andrea, Leo, sono alcuni dei nomi dei folli amici di Difendiamo la Valle del Simeto, mi perdonino gli altri di cui un altro folle come loro non ha avuto il piacere di farne conoscenza, o di cui si è ingiustamente dimenticato.

Sin qui nulla di strano, si dirà fra sé, il caro amico che qui sta leggendo, nulla di strano, ragazzi con nomi normali, con delle passioni assolutamente legittime, cosa vi può essere di anormale nel voler valorizzare il proprio territorio? Nel voler ricostruire un quadro storico intorno a quelle terre? E soprattutto nel voler dare una prospettiva di nuova vitalità?

Adesso, amico, ti racconto un’altra storia. Questa narrazione, che coinvolge le stesse persone e gli stessi paesaggi, non è altro che lo specchio, l’immagine capovolta della precedente. Questa volta l’obiettivo sarà rivolto al mantenere le terre incolte e disabitate. Cosa può spingere a desiderare una terra arida e incolta? Ti starai chiedendo. Chi vorrebbe questo? E chi favorirebbe? Caro il mio lettore queste sono domande retoriche, non posso che risponderti: è superfluo che ti dica che è l’Innominabile, che esercita un controllo sul territorio, è l’Inesistente, così detto in quanto per molti non esiste, che sfrutta quelle terre per un’opera d’arte post-apocalittica, o pre-apocalittica o ad annunciarla, fatta di mondezza. La signora Mapia – forse non è questo il suo nome, questo è forse solo un nome posticcio – vorrebbe dedicare questo monumento al surreale presente nella realtà, ma questa è stata vandalizzata e sottratta dal suo luogo, con cui si sposava in un idillio surrealistico, mondezza e oasi.

Questa prospettiva di parti contrapposte sembra preannunciare una Gerusalemme Liberata, potrebbe pensare il lettore più colto, preannunciare una narrazione tassiana in cui nessuno può sottrarsi dalle parti, dove anche il silenzio è prendere una parte, anche se non è sempre una presa di coscienza. Adesso lascio la letteratura, caro amico, perché dopo averti raccontato queste storie che ancora devono finire di essere scritte, ti riporto alla realtà, che forse ha una resa più veritiera come narrazione letteraria.

Post scriptum.
Difendiamo la Valle del Simeto è una realtà di Paternò, che sta elaborando e cercando di portare avanti un progetto di sviluppo del territorio, ed è ciò che con questo piccolo testo volevo portare a conoscenza del lettore. L’amico che, letto questo, volesse approfondire la conoscenza del progetto può farlo dal sito www.valledelsimeto.it, tramite il quale potrà contribuire alla realizzazione della Via del Grano, via d’accesso ai campi e punto di inizio della rinascita di un territorio agricolo e della cura del suo patrimonio.
La Via del Grano rappresenta una strada verso un presente e un futuro che si slegano dalle logiche criminali del passato, con criminali mi riferisco non soltanto alle logiche mafiose, che inquinano un territorio, ma anche a quelle politiche, che avrebbero visto bene un inceneritore nella valle. Perciò amico mio ti ho portato a conoscenza di questa storia, perché solo tramite la conoscenza si può prendere posizione e con la presente ti invito a farlo. Questo è un progetto che nasce dal basso, dalla passione di alcuni ragazzi per la terra, per una coltivazione biologica e un mercato a km0, che sono dei temi su cui si dovrebbe riflettere.

 

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