“Picchì c’è i pierdere” – Intervista al “buon” posteggiatore abusivo

 

“[…] Asinnò, riciamo, tu a ‘iessere a livelli chiù grossi r’iddi; allura… appò! Ma se tu sì più basso di loro, ti grapi a machina e t’inni vai. …Picchì c’è i pierdere. Già lo so io come funziona. Tu ca sì un bravo ragazzo chiffà? O ci ru i piccioli e ti stai ddà, asinnò ti pigghi a machina e t’innagghiri. Capito com’è? Purtroppo funziona così. […]

Allora, viene, rici: “Cucì, c’è u carcerato…” Oppure: “Am’agghiri a fare a spesa”. E già io, viriennuli, tu già i canusci cu sunnu. […] Allora, loro possono andare nei posteggi, che ne so, allo Stadio, questi punti tipo lo Zen, questi punti dove si lavora, ca ddà una machina t’addumannano 5 euro. Allora là sì, che puoi chiedere qualche cosa. Ma vinennu nnì mia, chi… che m’addumannari ammia? […]

C’ho io l’ex cognato mio, che si è lasciato con mia cognata, e lui fa il posteggiatore. C’è quando lui ci va, c’è quando domenica è allo stadio, dice: “********, domenica vieni e ti vieni a buschi u pane”, al posto suo. E‘ per non perdere anche il posto. Sa che poi sono un bravo ragazzo. Allora rici: “Mettiti qua o postu mio”. Questo. Però dall’altro lato ci sono tutti questi negri… Non so poi come comanda… come. Non so poi come funziona. […]

Io quando iddi vinevano ddà c’iccava puru voci, io chiamava i cristiani! Nnà innata una fimmina mi fa: “Lei avi troppo interesse pi’ machine”. Ci rissi: “Viegnu a manciu a so casa io? Io a so casa un viegnu a manciu!” Ci rissi: “Ma voi un v’affruntate ogni due siti ccà? Ccà ci su gente ca travagghia pi 6-700 euro o misi. E’ una vergogna, v’avissiru affrontare!” […]”

Intervistatore: però ci sono certi posteggiatori che sono cattive persone…
“Ah, ma lo so. Ma io lo so perché l’ho sentito dire, lo so, perché non è che non lo so… Però purtroppo… Rici… Comu si rici: “Pi uno chianciunu l’avutri”. Purtroppo è così, funziona così. Ma picchì, nnà pocu sannu che significa u posteggiatore nnà pocu? Nnà pocu sannu ca fannu posteggiare i machine e poi all’avventura… E se ne vanno. Invece io qua la mattina venivo, io s’inni ava l’ultimo ragazzo, l’ultima ragazza, c’avevo molti ragazzi qua, la sera io aspettava i ragazzi e m‘inni ava io. Io unn’avia chiù machine mie e allora minni ava. Opure chiddu dici: “Io vegnu e reci…”. “No, io fino alle 8 e 10, 8 e un quarto, picchì poi… non corrispondo più.” Io già t’u ricia nnà faccia. Io anche con i residenti ccà ci buttava i machine. Mi lassavano a mia i chiavi, vinevano e 4 i pomeriggio, un c’iera posto, allora ci impustava i machine… poi ci faceva acchianare i… Ma no che i residenti mi davano a me soldi.”


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Uno dei posteggiatori più empatici che conosco; l’ho incontrato ieri l’altro che stava andando a fare un colloquio di lavoro vicino casa mia; mi saluta sempre graziosamente. Ogni tanto poi vende le castagne. Mi ha fatto un’intervista-fiume chiedendomi di pubblicarla perché così si sarebbe capito che era una brava persona. Un’intervista che ci ha raccontato tante verità, scomode e alcune forse buoniste. O no. Stralci di parole, in ogni caso, che era giusto diffondere, perché solo tramite la conoscenza si può prendere posizione (direbbe Foucault).

Diamo a Cesare quel che è suo, nel “bene” e nel “male”, e non restiamo vittime di capri espiatori, ma promotori di angoli visuali rispetto a cui prendere sacrosante posizioni. E speriamo che lui trovi un Lavoro.

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