E’ un attimo

Da autostrade deserte a traffico infernale è un attimo.

In questa prima settimana di zona gialla, Palermo mi accoglie di lunedì con 3 tamponamenti sul mio cammino, di cui uno, mi dicono, con una macchina che cade dal cavalcavia di via Ugo la Malfa. Oggi – venerdì e ultimo giorno lavorativo – sul ponte di viale Michelangelo ben in 3 mi hanno e si sono tagliati la strada a vicenda urlandosi parulazze random (soprattutto le urlava chi non aveva precedenza!) e schizzando di clacson selvaticamente. Io ero l’unica con la freccia. Devo essere decisamente cheap, modesta, poco assertiva per credere ancora in queste cose. Volgarotta forse per qualcuno nel mio ingenuo stupore. ‘Nca. Chistu è.
Pertanto, da autostrade deserte a tamponamenti a catena è un attimo. E What Is The Problem? Dalla morte alla spettacolarizzazione anche questo è un attimo, come dimostrano i video della ragazza ripresa dai passanti mentre muore dopo il recente incidente su viale Regione Siciliana. Video virali, ovviamente.

Arrivò il momento in cui la sofferenza degli altri non gli bastò più: dovevano trasformarla in spettacolo” (Amèlie Nothomb).

Che dire… Probabilmente, c‘è troppa fame di vita dopo un anno in cui si parla di morte. Una fame bulimica, svuota-frigo, che trascura altro.

Questa è un’epoca in cui tutto viene messo in vista sulla finestra per occultare il vuoto della stanza” (Dalai Lama).

Questa è la faccenda clou. Ma intanto ci siamo persi.

La gestione del Covid ha installato patologie già da tempo striscianti a livello individuale, sociale e collettivo: i narcisismi, il ritiro del pensiero, la paura dell’intimità, l’angoscia di lesionarsi attraverso le relazioni, la paranoia, i contagi di emozioni primitive, non pensate. Penso alla ragazza che abbraccia il migrante in lacrime. E’ un’immagine di una poesia umana fondamentale, eppure… Cosa se n’è fatto il mondo? Anni or sono, sulle spiagge arrivava, morto, il piccolo Aylan. Tutti scossi. Ma questo signore qui però è sopravvissuto, quindi…

Siamo atomi, atomizzati, spaccati. Spaccati come abitanti del mondo (non unico popolo umano), come classi sociali, come Nord e Sud, come progresso ed etica, come consumismo e ambientalismo, come israeliani e palestinesi, come Astrazeneca o Pfizer. Le cose, le persone e i concetti sono disseminati, spaccati in opposti inconciliabili. E questo offusca il pensiero, rendendo una fatica enorme tenerlo vivo, unitario e complesso.

Ma gli abitanti del mondo, le classi sociali, Nord e Sud, progresso ed etica, consumismo e ambientalismo, israeliani e palestinesi, Astrazeneca o Pfizer …sono necessariamente opposti?

Difficile articolare le questioni. C’è una calcificazione dei pensieri, un irrigidimento, una ridondanza. Il Covid ha funzionato perfettamente come un neo-organizzatore psico-sociale che ha finito di oscurare il resto, che sia il vuoto o che siano gli accadimenti di spessore. Abbiamo forse da provare tenerezza verso noi stessi che ci siamo spaventati e abbiamo avuto una paura matta di morire… dimenticandoci del resto!

Cosa accade nel mondo, oltre il Covid? Sappiamo ancora chiedercelo?
Da quando è saltata fuori, questa domanda mi ossessiona. Non riesco a prendermi la responsabilità di essa, a trovare il tempo per leggere e documentarmi; ho faticato anche a scrivere questo testo, assalita come sono io stessa dalla stanchezza da iper-lavoro e, nel tempo libero, dalla fame di vita.

C’è parimenti una difficoltà a formulare “pensieri selvaggi” (citando Bion), furibondi, utilmente indignati che possano restare fastidiosi e non addomesticati; di cui prendersi la responsabilità. Un collega recentemente mi ha dato questa grande lezione. Diceva una cosa come: quanto dura la furia politica di un Fantozzi galvanizzato dal collega comunista che lancia il mattone contro l’azienda disumana? Un soffio.

Evolversi è prendersi la responsabilità dei propri pensieri e vissuti, prendersi la fatica di esporli e di esporsi. Al contrario, il coro unanime recita: “loro, loro, loro!”: esternalizziamo colpe, cambiamenti e responsabilità! Che ci pensino gli altri!

…Che cuor di leoni che siamo… Nzù. Più facilmente, dice un’altra cara collega, siamo il Bianconiglio: “Non c’è tempo, non c’è tempo!”.

E’ stato un attimo: ci siamo persi nel paese delle smeraviglie. E va così: atomizzati, spaccati, calcificati nel noto. Ignoranti del fatto profondissimo che non viviamo nel vuoto, che abbiamo un mondo intorno. Cosa accade nel mondo oltre il Covid? Che cultura circola? Quella delle trame complesse o quella del Bianconiglio? Ce ne possiamo curare? Ci possiamo interessare al mondo? Possiamo prendercene la responsabilità? O dobbiamo limitarci a rubare dai cavalcavia i video della vita e della morte altrui?

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NOTE di BACKSTAGE:

Sono grata debitrice di questi pensieri ai miei gruppi intimi, riflessivi e formativi, che mi aiutano da anni a non cedere all’orda barbarica dell’annichilimento. “Loro” mi raccontano quel mondo che non riesco a seguire per bene. Con “loro” pensiamo, riflettiamo, commentiamo per non perderci cosa c’è oltre le finestre dell’apparenza. Lo facciamo insieme, poiché l’antidoto al vuoto sta nella rete, nelle relazioni di pensiero, nell’Altro. Non nella disconnessione! Che è il vero virus!

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