La società della massima aspirazione

Alla mia età, quando le persone ti chiedono “cosa fai” non vogliono sapere quali passioni agitano la tua vita, vogliono sapere cosa farai da grande, come stai costruendo il tuo futuro immediato, che lavoro vuoi fare. Pochi anni fa, ad una domanda del genere avrei risposto qualcosa tipo “studio”, o anche “scrivo”. Oggi sono obbligata a dire “mi sto laureando”, per evitare che mi si propinino attacchi di panico da pericolo sovversivo, mascherati da paternali di basso profilo. Se potessero, si informerebbero su quanto ho intenzione di guadagnare. E si aspetterebbero risposte in numeri precisi, con molti zeri, chiaro.

Poi c’è un altro tipo di domande, quello che riguarda la vita sentimentale. Che in poche parole vuol dire “con chi hai intenzione di sposarti”. Perché è chiaro che se due stanno insieme, e hanno più di vent’anni, si sposeranno. E prima lo fanno, meglio è. E se non stai con nessuno, è meglio che ti dai una smossa perché marito perfetto, orologio biologico, ovuli, bambini, pannolini, casa, mutuo, macchina, lavoro, ferie, stress, non ti aspettano. Che vadano avanti senza di me, vorrei rispondere a queste persone ansiose e piene di domande sulle vite altrui, che tentano in tutti i modi di strapparti alla giovinezza e imprigionarti nell’odiosa età adulta. Sono le stesse persone che pensando alla propria, di giovinezza, sospirano, piene di rimorsi, rimpiangendo l’unica fase della propria vita nella quale avrebbero potuto fare tutto, e invece hanno fatto quello che andava fatto.

Perché il punto è che viviamo in una società di aspirazioni altissime, nella quale, se vuoi andare avanti, devi essere competitivo. E non è più una questione di opportunità lavorative: mentre sei nell’utero di tua madre, al caldo, a dormire e prendere energie per l’incipiente vita, fanno già scommesse su di te. E quando tiri fuori la testa, ignaro di quello che ti aspetta, non hai ancora aperto gli occhi, che stanno già decidendo a chi assomigli di più. Perché guai se tu non fossi un ramo dello stesso albero. Quello che permetterà loro di arrivare un po’ più su, a prendere aria migliore. Aria che gli altri alberi si sognano, e invidieranno al tuo albero.

Rimane inaffondabile l’idea che l’umanità vada avanti seguendo una stella cometa che è la massima aspirazione. Quando sei un bambino, vieni paragonato agli altri bambini, per stabilire chi ha parlato per primo, chi ha mosso il primo passo, che tipo di intelligenza hai, se mangi a sufficienza. Se studi, studi per avere i voti più alti, vieni paragonato ai tuoi compagni, ad un livello standard per cui se ottieni dieci sei dio, se hai sei, sei un mediocre. Poco importa se, tornato a casa, cucini per tutta la famiglia, o dipingi. Poco conta se ti dedichi alla fotografia, o sei politicamente impegnato. Un numero ti dirà sempre chi sei, e se devi fare di più (ancora quantità) per arrivare più in alto.

Guai se un giorno dicessi che non vuoi fare un liceo, ma ti va bene un istituto tecnico, guai se l’università non fosse un tuo desiderio.

Libertà, potere decisionale, diversità sono tutte cose che potrebbero destabilizzare l’idea di sicurezza che abbiamo. Quindi vai con una vita che ad altro non aspira se non ad avere il lavoro migliore, la famiglia perfetta, e una vita socialmente accettata, piena di oggetti, e sacrifici per ottenere quegli oggetti.

E quindi viviamo costantemente tesi a una meta che mai arriva, distante, fredda e inutile. Lasciamo che sia un numero a stabilire il nostro grado di felicità (il voto agli esami, il voto di laurea, i chili persi, gli anni di piscina, l’altezza, il numero di figli, lo stipendio, il numero di città non italiane visitate, il numero di amici su facebook) e smettiamo di ascoltare le esigenze della nostra personalità più o meno alla nascita.

Che vadano avanti senza di me, ripeto. Io ho intenzione di essere veramente felice, in questa vita, perché non ne possiedo altre. In questo momento, perché domani potrebbe non arrivare. Con quello che ho, e con quello che sono, a prescindere da quanto piaccia al resto del mondo. Senza numeri, con moltissima poesia. Con flessibilità, sensibilità, passione. Cadendo, anche, che so farlo bene. In un’eterna saggia adolescenza, che mi faccia arrivare alla vecchiaia con tantissime storie da raccontare, senza passare dall’età adulta. Se essere adulti vuol dire contare gli zeri, e indossare completi firmati, sopportando gabbie sociali autoimposte, e sospirando al pensiero della propria giovinezza defunta.

7 thoughts on “La società della massima aspirazione

  1. C’è anche chi è competitivo e non conta gli zeri, non affida la propria autostima ai professori, ai docenti universitari, agli amici che leggono il suo blog, al numero di questi amici. C’è chi sbaglia a comportarsi così e c’è chi pensa che non vi sia un giusto o sbagliato nel modo di vivere. Si vive e basta, secondo le proprie ambizioni, i propri sogni, sbagliando e imparando a non sbagliare più ma non per far contenti gli altri, bensì per una semplice sensazione di soddisfazione personale. A volte fa bene fermarsi, non ci si deve sentire in colpa o in contrasto con il mondo se ci si accosta a una riva di questo fiume chiamata vita/mondo/universo e riprendere fiato, ma ci si stancherà di stare fermi e ci si lascerà trascinare sempre e comunque verso la fine del fiume, a volte remando contro, a volte cavalcando la corrente, aiutandosi con altri o proseguendo da soli.
    Sinceramente credo che chi ti chieda cosa fai possa essere anche uno stupido, uno schiavo della routine, quello che vuoi…ma altrettanto sinceramente credo che debba essere davvero troppo stupido se capisci che razza di esistenza conduce da qualche domanda che questa persona ti pone.

  2. E’ chiaro che il problema non è la domanda. Il punto è che conosco quello che sta dietro la domanda. E non sto demonizzando le professioni ad alto profilo, o le carriere. Voglio solo dire che non è necessario vincere il nobel per la medicina, per essere felici. E che ognuno dovrebbe essere libero di scegliere, nel rispetto dei propri gusti, dei propri tempi, e dei propri limiti.
    E la competitività dovrebbe essere uno stimolo, non una condanna.

  3. Sono assolutamente d’accordo con tutto. Sinceramente non ho mai conosciuto persone che non sono felici solo ed esclusivamente per il fatto che ancora non si sono formate e realizzate dal punto di vista professionale e lavorativo.
    Però capisco molta gente che non vede l’ora di iniziare e di mettersi in gioco perché vuole ripagare l’aiuto ed il supporto (affettivo, economico, etc) della famiglia, o che per problemi di autostima ha bisogno di dimostrare qualcosa agli altri…e potrei continuare a fare esempi…c’è di tutto in questo pazzo mondo :/

  4. Concordo, o meglio concordavo, poi la vita ti frega e inizi a pensare che gli zeri contano più di quanto ci insegnano a scuola. E i numeri, anche piccoli, pesano più della soddisfazione per due righe scritte, o per una canzone che comunque verrà dimenticata…

  5. vorrei far leggere questo articolo a chi basa la vita proprio sui numeri (e ne conosco alcuni )
    Condivido quello che ha scritto Manuela! Il più delle volte(o meglio sempre) si misura la felicità in base al guadagno, alla situazione sociale e familiare raggiunta. E tutto quello che non si riesce a misurare(la passione per qualcosa ad es.) è considerato poco importante o una perdita di tempo. Mi piacerebbe dire che non mi importa del giudizio degli altri, ma mi rendo conto che il biasimo altrui per non aver raggiunto le mete stabilite dalla società non mi lascia completamente indifferente…forse sto iniziando a ragionare anch’io con i numeri?

  6. Si vive in un mondo di pura apparenza. Diventi importante perchè conosci tipi “importanti”, vesti abiti “importanti”, guidi macchine “importanti” o semplicemente perchè giungi a mete molto ambite, non perchè sei più bravo di altri… come vuoi far credere… ma perchè alle spalle hai persone che conoscono altre persone “importanti” e perchè tu stesso, diciamolo, nella stragrande maggioranza dei casi hai una faccia di bronzo ed un ego di sicuro altrettanto “importanti”. Al diavolo! Se per essere considerata “degna di nota” devo dimostrarlo con numeri vuoti come zucche di Halloween che vadano tutti dove sanno, il mondo va avanti lo stesso.

  7. penso che i numeri contino anche al contrario. vuoi la macchina meno importante, i quaderni non firmati, i cibi di fortè.. alla fine di tutto ci fai sempre caso se vuoi essere una spanna sopra o sotto o a metà, fai sempre caso al numero.
    2 1 0 -1 -2….

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.