C’è sempre qualcuno che… in Trinacria

riina Sotto casa tutti abbiamo un garage che non ci appartiene, possibilmente in affitto e generosamente lasciato con la saracinesca non del tutto chiusa. C’è sempre qualcuno che si fida più degli altri nel tuo quartiere. Quando torniamo da lavoro tutti ci passiamo accanto per forza di cose e non possiamo esimerci dal curiosare delicatamente quella fessura offerta al mondo. C’è sempre chi non si cura molto della propria privacy. Perciò ogni tanto scopriamo qualche piccolo particolare. Ad esempio, che ci sta qualcuno lì dentro. Sì, a sentirli bofonchiare non si può non pensare che, per quanto possa essere confortevole un garage, degli uomini abbiano deciso di riunirsi in pochi metri quadrati tra qualche motorino parcheggiato, nessuna auto, un tavolo con delle sedie attorno e più in là una stanzetta con i divanetti rossi. Un ritrovo per uomini di mezza età, che ci vuoi fare. Arrivati alla pensione non si può stare tutto il tempo davanti alla tv. Che poi ‘ste notizie sulle indagini di qua e di là, la Cupola, Porta Nuova… mettono un’ansia…

Quando torni a casa la sera ed è ancora troppo presto per cenare e sai che finalmente troverai un parcheggio non distante anni luce dal portone, devi sperare che due cose non ostacolino la consecutio temporum: lo stendino e il tabaccaio. Il primo non parla ma è come se lo facesse. È un oggetto impregnato di cultura fino al midollo delle sue mollette. E anche se non ha appesi capi e biancheria intima impone con la sua fragile, in apparenza, stazza che lì di fronte al portone della signora Pina (un nome a caso) debba sostare solo il marito o il figlio di ritorno dall’ultima detenzione.
Il tabaccaio, invece, può anche essere un bell’uomo del ceto medio-alto che ti invita, sempre in maniera più insistente, a rispettare un motto dalla valenza mondiale, naturalmente in dialetto: «Iu aiu a travagghiari! Li cristiani comu fannu a pigghiarisi li sicarietti se ti parcheggi cà?».

Ad ognuno di noi è successo di cambiare casa e di doversi ambientare nel contesto di un nuovo quartiere. Immaginiamo una coppia alle prese con gli usi di un quartiere “popolare”: un caffè dalla signora di sotto, un saluto dal vecchio sul balcone accanto… Ai più fortunati può accadere di trovarsi dei vicini davvero magnifici come questi: Rosy è socievole, ogni volta ti invita a fare quattro chiacchiere dopo il pranzo, sai… “cose da donne”. È sicura di sé e ha una fervida immaginazione. Inoltre sa metterti subito a tuo agio: «U sacciu ca to maritu un c’è, ‘u sa ca po scinniri quannu vuoi nni mia, accussì nnì faciemu n’anticchia di compagnia; poi, to maritu un ti fa niesciri, è ve’? A suppuittare, iddu travagghia e porta li soiddi, s’ava a rispittari. Ca pacienza si risolve tutto». A lui, invece, può accadere di trovare, grazie ad uno zio Pino qualsiasi, un lavoretto per arrotondare i guadagni a fine mese: «Pi quassiasi cuosa ‘u sa ca po addumannari. Si ‘u stipendiu un v’abbaista veni ri mia ca t’insignu comu a ffari. Po vinniri tutti i cuoasi, hashìsh, marjuana, eroina, cocaina… o fumu ed eibba sulu. Chi dici? N’aiutamu? Poi, ‘u sai, arrivano i figghi e sapieamu ca li sordi un ci sunnu mai; a to mugghieri n’a puittari cuacchi buota ntu parrucchiere…».

Da sempre “Palemmo” è la città e il resto della Trinacria è paisi. Questi ultimi sono l’emblema della tranquillità: tutto è a portata di mano, ogni faccia è conosciuta, la vita è meno stressante e le macchine vanno lentissime come se stessero passeggiando. Il panino con la milza lo si può servire pure con patatine e salsa rosa e i supermercati sono ad ogni angolo di strada per fare cassa, dicono le malelingue. Ma quale cassa? Perdonatemi! Se VENTI supermercati vi sembrano troppi per una popolazione di 32 mila abitanti, allora siete i soliti criticoni. Nell’era dell’abbondanza non si può privare una famiglia contemporanea di una marca di mottini o delle patatine della pubblicità, quelle col magnete in regalo. No! È giusto dare la possibilità a tutti, nessuno escluso. E poi, scusate, anche un paese, come lo chiamate voi cittadini, ha bisogno dei suoi centri commerciali, degli alberghi sulla costa… insomma anche i paesani devono in qualche modo sognare e far sognare e la moneta far girare.

Conclusioni

Ora, non che abbia parlato per forza di mafia in questi brevi fatti di città e provincia, ma sicuramente di usi e costumi almeno tanto diffusi quanto ritenuti normali nella loro fluidità quotidiana. Tradizionali sì, dal colore un po’ stantìo e dalla puzza di vecchiume di un sistema regolato dai soliti noti che sempre e comunque resteranno più ignoti di altri, ma chissà come mai, con le tasche sempre piene di piccioli.

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