“In pausa sto parlando coi colleghi e si avvicinano questi tizi come avvoltoi a chiedere passaggi per andare dove vogliono loro; ogni volta! Però se non hanno bisogno di passaggio, mica invitano mai o includono…”
“Sono su una scogliera, mi mostrano uno squalo in acqua. Penso che non accadrà nulla perché lui non può uscire dall’acqua, fuori dal mare non può sopravvivere! Invece – incredibile! -lo squalo esce e vuole azzannarmi. Sono su un marciapiede rosa e scappo, lui mi insegue, provo angoscia…”
“Non ho voglia di far nulla, penso che non ne valga la pena. Mi sento come un pesce piccolo in un mondo di squali! Mordono, sono aggressivi, e va sempre a finire in un bagno di sangue: il mio!”
“[…] Il cavallo viene tirato con violenza, col morso sardo. Ma non è necessario fare questo! Alla fine proprio quello è un cavallo buono, già domato, usare quel morso è inutile e l’animale soffre; solo a farsi vedere! A far vedere che sanno usare questo strumento tradizionale che fa assumere alla testa del cavallo una forma che per loro è bella… […] In processione il tizio ha fatto anche imbizzarrire apposta il cavallo, che era tranquillissimo, per apparire, per mostrare che lui è bravo e lo sa gestire…”
“Cammino per strada, siamo una carovana sparpagliata; sento un collega che parla di una iniziativa sociale aperta che organizzo con un gruppo e da anni; lei è a due passi da me. Rimango esterrefatta, poiché ne parla come se lei ne sapesse molto, quasi appropriandosene. E, invece di mettere in comunicazione la persona interessata con me o di darle qualche riferimento per farla partecipare, fa finta di nulla e chiude l’argomento dicendo: ‘io però non ci sarò!’ ”.
Eccoci qui di fronte a un mondo di pescetti surclassati da animali più grandi e aggressivi che se li mangiano a colazione. Paura, pericolo, amarezza. Chiusura, per forza: per sopravvivere. E vince sempre il più forte (non il più meritevole o dotato).
Questo pare emergere da questi sogni della notte e a occhi aperti.
E, al di là dei sogni, quante volte ci siamo sentiti così?
Schiacciati dall’evidenza che, se i valori attuali sono squaliformi, o ti uniformi oppure accetti di poter passare inosservato (anche se credi davvero in ciò che fai), di non essere invitato sul palco dei forti.
Fa rabbia? A volte.
Può essere soddisfacente accettare che si è validi anche se non si sta sulle scene? Pure.
Stiamo comunque parlando di becero darwinismo sociale? Forse.
Al di là delle conclusioni, ciò che mi importa mostrare attraverso questi sogni è che il mondo che viviamo può far terrore, spesso è sul serio feroce, privo di amore, di rispetto, di cura reciproca. Che è un mondo che genera rapporti sopraffattivi in cui la gentilezza viene stuprata e uccisa. C’è in atto un omicidio, ove se sei gentile spesso passi per un pesce da sbranare o per un cavallo che si può facilmente domare facendogli male. Con tanto di sopraffattore che si “papparìa” (trad.: vanta) e di offesa all’intelligenza del pesce-Altro, che sarà pur gentile, conscio e accogliente delle dinamiche perverse di questi squali, ma viene ugualmente maltrattato e a volte umiliato.
Si può imparare a starci, a farsene qualcosa. Si apprende a volarci sopra, a farsi scivolare addosso l’abuso, cosa che mette tutto in prospettiva e non lo rende più neanche tale. Ci plani su e ti senti felice dell’autostima che non necessita di queste scene da film… pur sapendo , per un certo sociale, chi non si uniforma può sembrare quello sfigato – pesce piccolo manco buono per la frittura di paranza – e l’Altro-squalo-fantino aggressivone pare l’eroe dei mille mondi reali e virtuali.
Frustrazione? Forse, a tratti.
Non è semplice, appunto, questo mondo (dicono quei sogni lissù). Ma, personalmente, anche fierezza di me per aver imparato a non sgomitare e a godermi il mio: una me che non ha bisogno di frustare schiavi o di mangiare gente per sentirsi valida.
Tuttavia, poi penso agli hikkikomori, a certi ragazzi, donne e uomini sensibili, gentili, trattati da stupidi solo perché non sono bulli o avvoltoi o top. Penso alle persone tristi, quelle che per scelta non vogliono essere performanti e che vengono per questo emarginate. E a tutta quella fetta di umanità socialmente sofferente poiché NON omologata alla dinamica di potere degli avvoltoi e degli allevatori di cavalli domati. Anche questo c’è, e non tutti hanno gli strumenti per affrontarlo. Perciò, questo mondo (anche quando ci conviene o ci sta bene) NON dovrebbe starci bene!